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C’è chi si sente ampiamente realizzato concludendo tutte le proprie esperienze di vita (scuola, lavoro, morosa, sport, svaghi) nel raggio di una manciata di chilometri, e chi, per crescere e migliorarsi, ha bisogno di spazi immensi, di confrontarsi con ambienti sempre diversi, sempre più stimolanti, sempre nuovi. E che, infine, trova ispirazione e consacrazione di fronte al mare, ma non quello placido e immobile delle risaie, quello stupendo e ricco di meraviglie che circonda un’isola-gioiello come la Sardegna. Che ora è casa, anche se quella originaria, quella degli affetti e degli amici di sempre, resta ben impressa nel cuore, ed è a Cassolnovo, dove risiedono mamma Mary, papà Max e il fratello Ricky. Il personaggio in questione, che da questo breve tratteggio molti avranno già riconosciuto, è Ale Werlich, immortalato in una foto recentissima mentre “indossa” a mo’ di orgoglioso trofeo, la retina tagliata (come un’antica tradizione del basket impone) dopo la vittoria che porta la sua Esperia Cagliari agli spareggi nazionali per la conquista di un posto in B.Ale, classe ’95, giovanili e prime fondamentali esperienze nel Battaglia di cui il padre è da sempre uno dei vertici dirigenziali, ha già un curriculum lungo e articolato, che passa per Arona, l’assaggio di B con Mortara nella stagione 2014-’15, Isernia, sempre in B, il primo sbarco in Sardegna a Calasetta, Agropoli, Opera, Busnago, Scauri. Mercoledì 24 giugno, l’Esperia Cagliari sarà impegnata nei primo dei due confronti di spareggio nazionale contro la Nuova Pallacanestro Messina, infarcita di un esercito di stranieri (Fernandez, Vidakovic, Kulevicius, Budrys, Stolic, Diakite, Boyanov e Vucenovic).“Arrivare a questo punto è stata una cosa forse inaspettata, ma gradevolissima – commenta Alessandro Werlich – inattesa perché in un anno così, in cui non si sapeva quanto e se si sarebbe giocato, siamo partiti tutti, e io per primo, con un pizzjco di demotivazione. Tenete conto che provenivo da due anni contrassegnati da esperienze un po’ travagliate, belle, per carità, ma un po’ troppo complicate. Proprio per questo ho deciso di fermarmi nel mio buen retiro di Calasetta, proprio per una questione di benessere mentale, in cui il basket, le mie aspirazioni e le mie ambizioni finivano per posizionarsi in secondo piano, l’obiettivo era quello di stare bene con me stesso in un luogo che contribuiva a darmi serenità. A un certo punto, l’idea di trovare squadra o meno, di partecipare a un campionato sapendo già in partenza che sarebbe stato senza pretese, per una volta, non mi toccava più di tanto. Poi, forse proprio perché non nutrivo particolari aspettative, o semplicemente perché io credo nel destino, a Calasetta hanno deciso di non allestire la squadra e sono stato contattato da Federico Manca, che è l’allenatore dell’Esperia, con cui avevo già avuto a che fare, perché era il vice nell’anno in cui avevo fatto esperienza aggregato alla formazione di A2 a Cagliari, e proprio lì era nata la nostra conoscenza e la reciproca, immensa, stima. Per farla breve, saputo che ero in Sardegna, ma senza una squadra, da lì è iniziato questo rapporto di superfiducia, e mi è stato chiesto di superare la mia iniziale perplessità (il viaggio era lungo e l’impegno richiesto molto gravoso), confermando che loro volevano fare le cose seriamente, con obiettivi molto elevati. Infatti, poi le cose si sono delineate proprio come loro le avevano immaginate, abbiamo vinto il campionato e mercoledì e domenica parteciperemo agli spareggi per l’accesso in B, quindi non è ancora finita. Ma c’è già un’immensa soddisfazione che, per me, vale ancora di più perché avevo da tempo un po’ di sassolini nelle scarpe da togliermi. Ora il momento è troppo bello e non voglio rovinarlo guardando al passato, alle incomprensioni, ricordando la gente che non credeva in me. Sono contento di avere messo a tacere, con questa stagione surreale, un po’ di scetticismo nei miei confronti, ma ora ho solo voglia di immergermi nella sensazione positiva scaturita da questa annata così strana e indecifrabile, che mi ha portato alla corte dell’Esperia, una squadra che avevo sempre stimato anche quando ci giocavo contro, insieme a compagni fantastici, che in gran parte avevo già conosciuto durante i tornei estivi e con cui avevo stabilito quelle belle amicizie spontanee che nascono in campo. La cosa che ricordo con maggiore soddisfazione è la sensazione di estrema fiducia da parte di staff e compagni che ho provato fin dal primo allenamento (e, credetemi, di parquet ne ho assaggiati abbastanza per rivelarvi che non è sempre così scontato…). Avere il costante appoggio dei miei compagni è stata davvero la molla che mi ha permesso di affrontare questa stagione con la massima serenità e che mi ha consentito di fare quelle cose buone che hanno contribuito a costruire quello che stiamo facendo insieme”.Nevina Andre