Mortara: celebrazioni per San Carlo e Santa Veneranda
MORTARA - La città celebra la sua compatrona e San Carlo nella chiesa dedicata al Borromeo, che tutti a Mortara chiamano Santa Veneranda. Sabato 4 novembre, giorno in cui ricorre la memoria liturgica del santo vescovo di Milano e patrono della diocesi, alle 9, verrà celebrata la Santa Messa. Inizierà poi la novena in preparazione alla festa di Santa Veneranda, in calendario il 14 novembre. La chiesa, antico luogo di culto e devozione mortarese, sorge proprio sul pozzo dal quale bevve San Carlo Borromeo durante la sua visita pastorale in città nel 1578. Dal 6 al 13 novembre, solamente nei giorni feriali, nella seicentesca chiesa, alle 9, verrà celebrata la Santa Messa. Negli stessi giorni, alle 17 si terrà la recita del Santo Rosario e alle 17 e 30 i Vespri.
Martedì 14 novembre, giorno in cui ricorre la memoria liturgica della "santina", la Santa Messa verrà celebrata alle 9 e alle 17.
La storia
Assieme a San Lorenzo è patrona della città, da oltre trecentocinquanta anni riposa a Mortara ed è nel cuore di ogni mortarese. Santa Veneranda, dal 1651, veglia incessantemente su Mortara, città che l’ha accolta dopo Roma, dove ha trovato il martirio. Ma chi era Santa Veneranda e perché le sue sante ossa sono state trasferite a Mortara? Monsignor Dughera, nella sua pubblicazione sulla Santa, chiarisce subito che non si tratta della Santa presente nel Martirologio romano; questo emerge dalla lettera che accompagnava le sante reliquie datata 26 marzo 1650, dove padre Simpliciano da Milano, provinciale e commissario generale dei Cappuccini in Roma, scriveva a padre Michele Tebaldeo di Mortara: “Ho qua ottenuto il Corpo di S. Veneranda; quale sebene come che patì qui in Roma il suo Martirio, non possa essere quella che stà notata nel Martirologio Romano, che lo patì in Franza; ad ogni modo potrebbesi di essa fare l’offitio il giorno medesimo, che pare sia il quartodecimo di novembre; nel quale cade la Commemorazione di quest’altra”.
La peste e il voto
Il sacerdote mortarese Michele Tebaldeo, apprendiamo sempre dall’opera del Dughera, era conoscente di padre Simpliciano e a lui si era raccomandato per avere una reliquia da donare alla città per essere venerata nella chiesa di San Carlo che, in quegli anni, era in costruzione per voto dei mortaresi che si erano liberati dalla peste. Le ossa della martire, giunsero poi a Mortara e la ricognizione delle stesse avvenne venerdì 24 febbraio 1651 per opera di monsignor Camillo Colli, vicario capitolare e generale, in quanto la sede vescovile di Vigevano era vacante. Furono rotti i sigilli della cassetta di legno, portata a Mortara dal canonico Pietro Sala, e, sollevato il coperchio, si trovò un pezzo di carta nel quale si attestava la presenza delle ossa di Santa Veneranda. Durante l’attesa che fosse completata la costruzione della chiesa di San Carlo, le reliquie vennero depositate temporaneamente presso la chiesa di San Lorenzo; questo deposito provvisorio fu ordinato con un decreto da monsignor Colli. La solenne traslazione delle ossa era in programma per domenica 12 novembre 1664, ma ciò non accadde per colpa di un diluvio incessante che si riversò sulla città dall’alba al tramonto di quel giorno. La cerimonia avvenne la settima seguente e in pompa magna. Scrive Monsignor Dughera che, cantati i Vespri davanti all’altare maggiore dal canonico Arlenghi, prevosto della collegiata di San Lorenzo, con l’assistenza di tutto il Capitolo dei canonici, di tutto il clero, di tutte le confraternite, della curia militare e di tutto il popolo mortarese e dei dintorni, si avviò il solenne corteo verso la chiesa dedicata a San Carlo. La chiesa fu edificata nel luogo dove San Carlo, in visita a Mortara, si fermò a bere e fu proprio un pozzo presente sotto la chiesa che causò con il passare del tempo grave danno con infiltrazione di umidità.
Nel 1725 fu costruita una nuova urna marmorea che potesse contenere le sante reliquie che, per il momento, venivano spostate nuovamente in San Lorenzo. Nel 1731, i mortaresi poterono assistere ad una nuova ed imponente glorificazione della Santa: le reliquie furono riposte in una nuovo reliquiario e traslate con una solenne processione nell’altare di marmo della chiesa di San Carlo. L’umidità del pozzo dal quale bevve San Carlo è inclemente e nel 1920 si avvertì la necessità di intervenire nuovamente sulle sacre ossa.
La nuova urna
Il 31 marzo 1925 furono esaminate con attenzione le ossa di Santa Veneranda e ne furono contate novanta; intanto le suore dell’Immacolata Regina Pacis si adoperavano nel preparare l’abito della Santa. Anche l’urna fu oggetto delle cure più intense. Furono ricordate gli stemmi delle due città “sorelle”: Roma e Mortara; luogo della cosiddetta nascita al cielo, la prima città, e patria di adozione, la seconda. Apprendiamo dal Dughera che anche i Santi mortaresi non dovevano essere dimenticati, così sugli otto smalti della grande arca si possono vedere ancora oggi: San Lorenzo, San Michele, San Cassiano, San Giovanni Battista, Sant’Albino, Sant’Amico, Sant’Amelio e, ovviamente, San Carlo. Inoltre fu riprodotta l’iscrizione del 1725 che recitava così: Hic sacra civis Veneranda quiescit in urna. Ardor Martyrum Virginitatis odor (Qui riposa nell’urna la santa concittadina Veneranda. Ardore di martirio, profumo di verginità). Una concittadina che veglia sulla sua città e che protegge con infinito amore i suoi figli.