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La svolta del Partito democratico è legata a doppio filo con Mortara. La nuova segretaria del partito Elly Schlein è infatti la nipote di Agostino Viviani, sindaco della città dell’oca negli anni Sessanta. 
Domenica scorsa, 26 febbraio, la giovane Schlein ha superato il governatore emiliano Stefano Bonaccini alle primarie dei Dem, diventando così il primo segretario donna del partito. Insomma, Elly Schlein è l’anti Meloni. Classe 1985, l’enfant prodige della sinistra italiana è stata eletta al Parlamento europeo nel 2014 a soli 29 anni. E’ rimasta in Europa per cinque anni, poi, nel 2020, è diventata vicepresidente della regione Emilia Romagna (con Bonaccini presidente): ha mantenuto l’incarico fino allo scorso anno, quando è stata eletta alla Camera dei Deputati. 
È nata a Sorengo, in Svizzera, nei pressi di Lugano: la madre è Maria Paola Viviani, figlia appunto di Agostino Viviani, e il padre è Melvin Schlein, discendente di una famiglia ebraica aschenazita originaria dell’oblast di Leopoli, in Ucraina, poi emigrata negli Stati Uniti. 
Insomma, quel quid di sinistra nei geni di Elly Schlein sembra arrivare per via materna. Precisamente dal nonno Agostino Viviani. 
Il senatore Viviani era stato sindaco di Mortara per il Psi dal 15 luglio 1961 al 26 gennaio 1964, quando rassegnò le dimissioni nelle mani del prefetto per i duri contrasti in atto col suo partito. Agostino Viviani, senese della Pantera, era nato appunto nella città del Palio il 10 dicembre 1911 da una famiglia cattolica. Tanto che egli stesso si definì come “la pecora nera della famiglia” vista la sua indole laica e libera di pensiero. In gioventù fu militante antifascista e membro del Cln di Siena. 
A Mortara arrivò la prima volta per difendere nell’aula della pretura, in sostituzione di Lelio Basso, collega di studio a Milano, il consigliere comunale socialista Giovanni Zorzoli. Appreso l’esito favorevole del processo, che aveva in certo modo risvolti anche politici, e colpiti dalla sua facondia forense, il segretario Luigi Dellavalle e gli altri dirigenti della locale sezione del Psi lo vollero insistentemente in lista nella consultazione amministrativa del 1960 in cui la sinistra, vincitrice nelle tornate precedenti, riuscì a guadagnare soltanto 15 dei 30 seggi consiliari.
Viviani fu eletto benché non fosse conosciuto fra la gente e senza che avesse tenuto, da candidato, neppure un comizio. Decise allora di aprire in città un proprio secondo studio legale, al quale attendeva il popolare Bebeto, al secolo Umberto Maffei, barbiere e pittore, uomo di profonda cultura politica legata all’idea socialista, divenuto suo amico fedele. 
Dopo il voto si determinò una situazione non facile, essendo presenti in municipio da un lato 8 consiglieri socialisti e 7 comunisti e, dall’altro, 11 consiglieri democristiani, 2 socialdemocratici all’opposizione e 2 di estrema destra eletti in una lista civica ma appartenenti al Msi.
Fu costituita una giunta socialcomunista praticamente di minoranza con sindaco Libero Benaghi che, come era prevedibile, cadde sul bilancio. In essa Viviani era assessore effettivo. Per evitare il commissariamento e superato il diaframma di diffidenza esistente fra Psi e Dc venne allora formato un “cartello” di centrosinistra con al vertice lo stesso Viviani. Così non venne insediato il commissario ed ebbe vita una nuova amministrazione, forte di una maggioranza capace di consentire l’impostazione e lo svolgimento di un serio programma. 
Componevano con Viviani il primo centrosinistra di Mortara e provincia Giovanni Gazzera (Dc) vicesindaco; Roberto Bianchi (Psi), Giuseppe Manzino (Dc) ed Ercole Delconte (Psdi) assessori effettivi; Umberto Maffei (Psi) e Cesare Claus (Dc) assessori supplenti.
La compagine civica di Viviani si vantò soprattutto di aver preso a cuore e realizzato una buona industrializzazione della città. Si leggeva all’epoca in un consuntivo pubblico diffuso dai socialisti: “La giunta è riuscita ad acquisire quattro industrie, di cui una primaria. Tre hanno avuto il terreno gratuitamente, con una spesa a carico del Comune di 23 milioni di lire, cui va aggiunta quella per i servizi. La quarta (Ursus Cuoio di Vigevano) non ha avuto alcuna particolare concessione; il fatto che si sia trasferita lo stesso a Mortara indica che realmente qualcosa si è riusciti a smuovere. La reazione cittadina è stata estremamente favorevole, se non addirittura entusiasta”.
Uscito di scena in qualità di sindaco dopo aver combattuto a spada tratta e con pieno successo, inimicandosi l’intero vertice socialista provinciale, il suo omologo di Vigevano e compagno di partito Corasmino Maretti che voleva “rubare” la sede del liceo scientifico per trasferirla nella città ducale, che ne era allora priva, Viviani continuò il mandato di consigliere comunale fino alla naturale scadenza del 16 febbraio 1965. 
Nella massima carica amministrativa in Comune lo sostituì Attilio Vidale.
Nel 1972 Viviani fu eletto senatore per il Psi nel collegio di Abbiategrasso e quattro anni più tardi vi fu confermato con i voti del Psdi. 
Era iscritto all’albo dei giornalisti pubblicisti e collaborò a riviste politiche e giuridiche nonchè a diversi giornali. Scrisse libri, il più noto e contestato dei quali è “Ingiustizia e illegalità di Stato in Italia”. Nel quadriennio 1994- 98 si distinse come attivo membro, esponente in tale consesso di Forza Italia, del Consiglio superiore della magistratura. Viviani si è spento a Milano il 20 febbraio 2009.