L’arte del mortarese Francesco Galifi brilla tra Cezanne, Turner e Picasso al castello di Vigevano
Posizione d’onore per il pittore mortarese Francesco Galifi che nella nuova “Biennale di Vigevano”, di cui si è inaugurata domenica la prima edizione, espone sei tele nella Sotterranea, una delle sale del Castello Sforzesco più interessate dal passaggio di visitatori e di eventi. “Sono molto contento – spiega Galifi – di partecipare al progetto perché creo che sia qualcosa di serio e di promettente. Sono esposti anche un Cézanne, un Turner e un Picasso. Domenica 8 aprile si è tenuto il vernissage in cui erano presenti molti invitati. La curatrice mi ha chiesto se fossi felice della disposizione delle mie tele. Che dire… non poteva scegliere luogo migliore!”. La Biennale terrà i battenti aperti fino al 31 maggio. Due mesi che promettono bene e fanno sperare in qualche vendita all’artista mortarese. “Mi hanno fatto i complimenti – prosegue – per le mie tele, ricche di particolari e di significati. Le quotazioni sono buone e spero di poter iniziare a ingranare bene la macchina per farmi conoscere di più. Per ora lavoro a testa bassa e non mi faccio prendere dall’eccitazione. Sicuramente è un buon modo per farsi conoscere. Mi sembra che svolgano un ottimo lavoro valorizzando le opere in mostra”. Francesco Galifi dipinge con continuità da dieci anni, ma in realtà è già da molto tempo prima che si diletta con il disegno e i colori: “Da ragazzo, negli anni ’90, nonostante i miei studi scientifici, ho sempre avuto la passione per il disegno. Ho cominciato ad aerografare i motorini e i caschi degli amici. I miei lavori erano molto apprezzati, così ho deciso di chiedere un compenso. Spariti tutti, nessuno mi ha praticamente più chiesto niente. Alcuni anni dopo, nel 2008, ho esposto con il Circolo Culturale Lomellino alcuni lavori che mi ero messo a fare. A quel tempo il mio stile era astratto, mi piaceva lanciare colore sulla tela. Poi ancora uno stop fino al 2014, anno da cui non ho più smesso di disegnare e dipingere con continuità”. Le sue tele sono cariche di simboli e rimandi ad una cultura sotterranea, che vuole sondare quei fiumi carsici e quegli anfratti nascosti che ci riguardano nella nostra interezza come uomini. Così alla ripresa dell’attività artistica le tele rappresentano simboli e opere monumentali di antiche civiltà, come sumeri, babilonesi, ebrei, indiani e civiltà precolombiane, alla ricerca di profondi sensi alla scoperta dell’origine dell’uomo. Nell’ultimo periodo ha voluto dedicare la sua attenzione anche alla cultura pop dove sono nascosti significati sotterranei. “Ho sempre tenuto una mia linea – sottolinea– e non cerco le facilonerie da arredamento. Continuo con una mio approccio personale coerente e con un modo di dipingere che migliora sempre più. Per diffondere maggiormente le mie tele – conclude – ho avviato una collaborazione con Federico Basso di InGrafica per la stampa di alcune magliette”.
Vittorio Orsina