Il settimo album firmato da Ada Rovatti: un viaggio jazz verso il «mondo nascosto»
Il 19 gennaio è uscito il settimo album da leader della mortarese Ada Rovatti. Dagli Stati Uniti, dove vive da molti anni, le sue note giungono con un fare dirompente e che raggiungono le orecchie di un pubblico non solo d’intenditori. Per realizzarlo sono stati necessari molto tempo e molti spostamenti visto il numero ampio di musicisti che compaiono tra i “guests”, gli ospiti. “The Hidden World of Piloo” è stato realizzato dall’etichetta della stessa Rovatti, la Piloo Records di New York. Dieci brani per una durata totale di un’ora e sette minuti, con inserti di parti cantate.
“Questo album – spiega – è diverso dai precedenti. Ho coinvolto più cantanti e ho cercato un approccio più ‘commerciale’, nel senso che sono brani che mirano alla fruizione di un pubblico più ampio. È più approcciabile ma non per questo semplice e banale. Nei vari brani mi sono divertita a suonare più strumenti: sax soprano, alto, tenore, baritone e flauto”.
Di Ada Rovatti sono anche gli arrangiamenti per un’orchestra di violini, diretti da lei stessa.
“Si tratta di un progetto – prosegue – nato durante il periodo del Covid, quando era molto presente l’incognita della morte. Mi sono voluta lanciare in qualcosa che andasse oltre la mia solita zona di accomodamento. La parte musicale l’ho terminata due giorni prima che morisse mio padre. Era un evento che, nei momenti in cui tornavo in Italia, avevo sempre paure succedesse e per questo i miei viaggi hanno sempre avuto, e lo hanno tuttora, un forte impatto emotivo. Il Covid ha acuito questa sensazione per via dell’impossibilità di tornar a far visita ai miei genitori”. All’interno dell’album sono presenti dei brani cantati scritti sempre dalla musicista mortarese.
“Anche se non è la mia lingua madre – commenta Ada Rovatti – mi sono voluta cimentare nella scrittura di testi in inglese. Sono due pezzi intensi che veicolano un messaggio preciso. Infatti, credo che la principale differenza tra un brano strumentale e un brano cantato risieda nelle modalità di interpretazione emotiva. I soli strumenti rendono più aperto e vario il discorso, mentre con la parola si indirizza l’ascoltatore a delle sensazioni ed emozioni più precise”.
Suoi sono pure tutti gli elementi extra musicali che hanno contribuito alla realizzazione dell’album: l packaging, il servizio fotografico, la copertina dell’album, il web design e gli abiti che indossa.
“Mi piace tenere tutto sotto controllo – confessa – e mi piace, soprattutto, fare cose nuove. Ad esempio, quando ero adolescente avevo frequentato un corso di fotografia imparando a sviluppare le pellicole bianco e nero oppure qualche anno fa mi sono interessata ai linguaggi di programmazione e all’editing fotografico. Se ci credo e mi impegno ottengo sempre qualche risultato. Ho sempre voluto imparare a cucire, mia mamma era una brava sarta, e dopo tanto tempo, finalmente, mi ci sono messa. Durante la pandemia ho iniziato a imparare e così ho realizzato lo smoking che si vede nella copertina dell’album. Per me è importante controllare questi aspetti perché mi permette di previsualizzare l’integrità e la coerenza del mio progetto. E per il resto, se riesco a imparare qualcosa di nuovo ogni giorno mi sento felice con me stessa”. In origine l’album doveva essere coprodotto con un’etichetta tedesca. Infatti, molti musicisti che compaiono sono europei e i componenti fissi, oltre a Ada, sono tedeschi.
“L’etichetta con cui avevamo intenzione di coprodurre l’album – prosegue – ha spinto molto per inserire i suoi musicisti, che io già conoscevo e sono fantastici. L’idea poi era quella sceglierne metà europei e metà americani per gli ospiti. È stato un progetto complesso perché le varie registrazioni sono avvenute tra Colonia, in Germania, e diverse città dell’America, in base alle disponibilità dei musicisti. Dopo aver registrato la sezione ritmica il problema era l’orchestra di violini su cui ci sono state differenze di visione per via di motivi economici. Per soprassedere mi sono accordata per comprare tutti i diritti e alla fine lo ha prodotto solamente la mia etichetta. La Piloo Records esiste dal 2008 – illustra – perché non ho mai amato particolarmente tutto quella serie di intermediazioni che sta dietro la realizzazione di un album. Alla fine, l’artista è quello che prepara la torta, usando una metafora, e non ne gode nemmeno di una fetta. Così ho risolto il problema eliminando qualsiasi mediazione. Per come è evoluto il mondo musicale ora, so già che il cd sarà soprattutto un biglietto da visita molto costoso. Infatti, da una settimana dall’uscita, ho ricevuto delle chiamate di lavoro. Anche se so già che non recupererò quanto speso per la realizzazione attraverso la vendita diretta, mi sono comunque voluta concedere un regalo: farmelo come piace a me”.
Le avventure di Ada Rovatti con la musica cominciano a quattro anni, con la nonna che le impartì le prime nozioni di pianoforte. Il linguaggio musicale è la prima forma linguistica della sua vita, che ha imparato a leggere ancor prima dell’alfabeto latino. “Fino al liceo – ricorda – ho suonato pianoforte classico. Poi, grazie a mio fratello Edoardo che aveva cominciato ad ascoltare Blues e Rythm & Blues, ho scoperto delle nuove sonorità come quelle del sassofono, che sarebbe diventato il mio strumento principale. Purtroppo, l’ho scoperto tardi e mi sembra di aver perso tempo. Quando poi sono andata al Berklee College of Music a Boston e avevo 19 anni, c’erano già infatti dei quindicenni professionisti. A differenza degli Stati Uniti, in Italia si dà poco spazio alla musica. Dopo le scuole medie la musica praticamente sparisce dal percorso formativo. Qua, invece, mia figlia ha potuto provare diverse esperienze e ora suona nella big band della sua scuola superiore. Ma lo stesso discorso vale anche per gli sport”.
Ad indirizzare Ada verso la scuola americana è stato un altro importante jazzista mortarese, Gabriele Comeglio. Un ruolo fondamentale lo hanno poi ricoperto i genitori e la nonna di Ada Rovatti che le hanno permesso di fare i passi importanti per arrivare dov’è ora.
“Quando ho vinto la borsa di studio all’Umbria Jazz – prosegue – per Berklee, ho atteso qualche mese in Italia prima di andare a frequentare i corsi, per saltare quelli base. Era comunque molto costoso andare là, anche con la borsa di studio, e volevo sfruttare l’esperienza al meglio. Poi ho fatto due anni avanti e indietro dall’Italia all’America per i problemi con i visti. Ho deciso allora di cercare una città europea importante dal punto di vista musicale. Sono così andata a Parigi, dove sono rimasta un anno. Poi ho cominciato a viaggiare. Sono andata infine a New York per prendere lezioni private e conoscere l’ambiente musicale della città. Sono stata fortunata in quell’occasione perché una big band di sole donne mi ha assunto e ho potuto ottenere il permesso di soggiorno e il visto per lavorare. Nel 2008 ho ottenuto la cittadinanza americana”.
Ada Rovatti ha sposato Randy Brecker, importante trombettista americano conosciuto in tutto il mondo, da cui ha avuto una figlia ora in età adolescenziale. Nonostante tutti i successi e le importanti occasioni musicali, la musicista mortarese è riuscita a costruire una famiglia.
“Credo – conclude – che famiglia e musica per me non si possano separare. Sono una musicista migliore perché sono una mamma e sono una madre migliore perché sono una musicista. Certo, la mia è una vita strampalata come orari e spostamenti, ma non mi sono mai posta il problema di non fare qualcosa per paura del mio lavoro. Mio marito mi sostiene sempre e mi supporta. E poi, ho sempre tanti hobby. Ho bisogno di tanti stimoli. Sollecito sempre la mia curiosità. Ogni cosa ha la sua importanza e non riesco a vedere una cosa senza l’altra”.
Vittorio Orsina