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MORTARA - Con quali occhi è possibile leggere la lunga storia che lega Mortara alla sua “santina”? Da una prospettiva tutta particolare la cronologica ricostruzione dei fatti, illuminata dalla luce della fede, mostra un legame sentimentale che si perde lungo i secoli e che attraversa guerre e carestie, epidemie e speranze, lutti e gioie. Tutto questo accompagnato dalla potenza della preghiera. Ed è proprio questo sottile, quasi impercettibile, filo rosso che unisce i mortaresi di ieri a quelli di oggi. La devozione popolare per Santa Veneranda è ciò che accomuna i mortaresi del XVII secolo a quelli di domani. Proprio con il passare degli anni, dei decenni e dei secoli si è tramandato, di generazione in generazione, questo legame che trae linfa vitale da una devozione autentica. Sincera. 
Non si contano le nonne e le madri che si sono inginocchiate davanti all’urna che conserva le sacre ossa. Non è possibile nemmeno contare il numero di persone che hanno chiesto l’intercessione della santa per un favore celeste. Per una grazia pensando al congiunto provato dalla sofferenza della malattia o al figlio chiamato a combattere al fronte per una guerra che non è mai giusta.
Succede però che le “grazie” trovano nome e cognome, quasi a diventare tangibili testimonianze dei prodigi della “santina”. 
Nel 2014, anno in cui si celebravano i 350 anni della presenza della santa nella sua piccola chiesa, proprio il nostro settimanale aveva pubblicato la storia di alcune di queste testimonianze. Un racconto quasi intimo, firmato dall’indimenticata Savina Raimondi, che ha riportato alla luce angosce, speranze e gioie vissute all’ombra di quella antica chiesa piantata nel cuore della città.
Ormai dieci anni fa l’urna della santa era stata sottoposta ad un intervento di decisa pulitura, proprio come il simulacro che contiene le ossa della martire. E durante queste operazioni er spuntata, dai meandri del tempo, una fotografia custodita nell’urna e ingiallita dall’inesorabile scorrere dei lustri. L’immagine ritraeva un giovane in divisa militare e sul retro recava una scritta di cinque parole: “Sottotenente Giacomo Prati, Africa Orientale”. 
È facile credere che il sottotenente Prati sia stato impegnato nella campagna d’Etiopia per riportare, secondo la prosopopea fascista, l’impero sui colli fatali di Roma. 
Dagli scritti di monsignor Luigi Dughera, però, si trovano alcune informazioni utili a datare la fotografia e lo stesso canonico prevosto di San Lorenzo ci lascia le cronache degli eventi religiosi legati a santa Veneranda in quegli anni.
Scriveva il sacerdote: «Parecchi  soldati mortaresi partirono per il continente africano. Prima però vollero che le loro fotografie fossero deposte sopra l’urna di S. Veneranda. Ad esse se ne aggiunsero parecchie altre, portate da paesi circonvicini e inviate da lontano. A nostra volta facemmo un voto alla Santa “se tutti i nostri soldati ritorneranno sani e salvi, noi ti porteremo in trionfo per le vie della città”. Il 5 maggio 1936 segnò la data della vittoria e della pace. Di mano in mano i nostri soldati ritornarono. Ritornarono tutti. Si imponeva l’adempimento del voto».
Dalle cronache di allora emerge che una folla enorme, proveniente anche dai paesi limitrofi si riversò in città. Tutta Mortara era presente: autorità, semplici cittadini e soprattutto i reduci che si alternavano a portare in spalla la bara. In testa la schola cantorum accompagnata dalla banda cittadina che ripete, sotto diverse armonie, il “Jesus corona Virginum”. Un corteo interminabile, dai balconi illuminati e addobbati venivano lanciati petali di rosa sull’urna. All’indomani parecchi quotidiani parlarono dell’evento, anche lo stesso Corriere Eritreo di Addis Abeba.
Un’altra memorabile processione si tenne alla fine del secondo conflitto bellico mondiale. Il 26 aprile 1946 in città veniva esposto un avviso che recitava: «Mortaresi! ... quando al 10 giugno un fremito di sgomento invase la nostra Patria per la dichiarazione di guerra, istintivamente ci siamo votati alla nostra grande Protettrice, Santa Veneranda, per la salvezza della città. Mortara subì  cento e cento prove terrorizzanti e parecchi bombardamenti, ma fu salva. Oggi si impone  un solenne tributo di riconoscimento alla nostra Protettrice». E così la “santina” lasciò di nuovo la sua chiesetta e, sotto un’ala di folla entusiasta, attraversò la città per l’occasione tutta illuminata con lamponi nuovi. Alla testa del corteo il cardinale arcivescovo di Milano Alfredo Ildefonso Schuster.
Era usanza allora ricorrere alla Santa  non solo per calamità come la guerra, ma anche quando un proprio caro stava male, facendo aprire l’urna ed impartendo particolari benedizioni.
Le cronache parrocchiali riportano diversi casi di guarigioni miracolosi dovute all’intercessione di santa Veneranda. È il caso di un bambino di tre anni, Pierino Bellani, colpito da un ascesso al ventre: il bambino doveva essere sottoposto ad una difficile operazione chirurgica (era il 1926), la mamma pregò intensamente la santa ed il bambino, tra lo stupore dei medici, guarì. E così fu pure per Carlo Pugni, abitante in via dello Zerbo a Mortara, colpito da un calcio di cavallo: l’uomo versava in gravissime condizioni e, grazie all’intercessione della santa, guarì. Anche una non meglio specificata signorina di un paese limitrofo a Mortara che, colpita da un gravissimo male, dopo aver pregato intensamente la santa incominciò lentamente a riprendersi fino a guarigione completa. 
Molti sono i prodigi riferiti a santa Veneranda: alcuni sono riportati dalle cronache dell’epoca, altri sono custoditi nel cuore dei devoti che si sono rivolti a Lei in un momento di difficoltà.

La martire “mortarese” dal 1651 è venerata nell’antica chiesa dedicata al Borromeo, costruita dopo la peste

Domani, giovedì 14 novembre, ricorre la memoria liturgica di Santa Veneranda. La solenne Santa Messa sarà celebrata alle 9 e alle 17 e 30 nella nella chiesa dedicata a San Carlo, che tutti a Mortara chiamano Santa Veneranda. Oggi, mercoledì 13 novembre, è l’ultimo giorno in preparazione alla festa di santa Veneranda: alle 9 viene celebrata la Santa Messa, mentre alle 17 si svolge la recita del Rosario e, mezz’ora più tardi, Vespri e novena. 
La città celebra così la sua compatrona nella chiesa, antico luogo di culto e devozione, che sorge proprio sul pozzo dal quale bevve San Carlo Borromeo durante la sua visita pastorale in città nel 1578.
Santa Veneranda, dal 1651, veglia incessantemente su Mortara, città che l’ha accolta dopo Roma, dove ha trovato il martirio. Ma chi era Santa Veneranda e perché le sue sante ossa sono state trasferite a Mortara? Monsignor Dughera, nella sua pubblicazione sulla Santa, chiarisce subito che non si tratta della Santa presente nel Martirologio romano; questo emerge dalla lettera che accompagnava le sante reliquie datata 26 marzo 1650, dove padre Simpliciano da Milano, provinciale e commissario generale dei Cappuccini in Roma, scriveva a padre Michele Tebaldeo di Mortara: «Ho qua ottenuto il Corpo di S. Veneranda; quale sebene come che patì qui in Roma il suo Martirio, non possa essere quella che stà notata nel Martirologio Romano, che lo patì in Franza; ad ogni modo potrebbesi di essa fare l’offitio il giorno medesimo, che pare sia il quartodecimo di novembre; nel quale cade la Commemorazione di quest’altra».
Il sacerdote mortarese Michele Tebaldeo era conoscente di padre Simpliciano e a lui si era raccomandato per avere una reliquia da donare alla città per essere venerata nella chiesa di San Carlo che, in quegli anni, era in costruzione per voto dei mortaresi che si erano liberati dalla peste. Le ossa della martire, giunsero poi a Mortara e la ricognizione delle stesse avvenne venerdì 24 febbraio 1651 per opera di monsignor Camillo Colli, vicario capitolare e generale, in quanto la sede vescovile di Vigevano era vacante. Durante l’attesa che fosse completata la costruzione della chiesa di San Carlo, le reliquie vennero depositate temporaneamente presso la chiesa di San Lorenzo. La solenne traslazione delle ossa era in programma per domenica 12 novembre 1664, ma ciò non accadde per colpa di un diluvio incessante che si riversò sulla città dall’alba al tramonto di quel giorno. La cerimonia avvenne la settima seguente e in pompa magna. Scrive Monsignor Dughera che, cantati i Vespri davanti all’altare maggiore dal canonico Arlenghi, prevosto della collegiata di San Lorenzo, con l’assistenza di tutto il Capitolo dei canonici, di tutto il clero, di tutte le confraternite, della curia militare e di tutto il popolo mortarese e dei dintorni, si avviò il solenne corteo verso la chiesa dedicata a San Carlo. La chiesa fu edificata nel luogo dove San Carlo, in visita a Mortara, si fermò a bere e fu proprio un pozzo presente sotto la chiesa che causò con il passare del tempo grave danno con infiltrazione di umidità. Nel 1725 fu costruita una nuova urna marmorea che potesse contenere le sante reliquie che, per il momento, venivano spostate nuovamente in San Lorenzo. Nel 1731, i mortaresi poterono assistere ad una nuova ed imponente glorificazione della Santa: le reliquie furono riposte in una nuovo reliquiario e traslate con una solenne processione nell’altare di marmo della chiesa di San Carlo. L’umidità del pozzo dal quale bevve San Carlo è inclemente e nel 1920 si avvertì la necessità di intervenire nuovamente sulle sacre ossa.
Il 31 marzo 1925 furono esaminate con attenzione le ossa di Santa Veneranda e ne furono contate novanta; intanto le suore dell’Immacolata Regina Pacis si adoperavano nel preparare l’abito della Santa. Anche l’urna fu oggetto delle cure più intense. Furono ricordate gli stemmi delle due città “sorelle”: Roma e Mortara; luogo della cosiddetta nascita al cielo, la prima città, e patria di adozione, la seconda. Sugli otto smalti della grande arca si possono vedere ancora oggi: San Lorenzo, San Michele, San Cassiano, San Giovanni Battista, Sant’Albino, Sant’Amico, Sant’Amelio e, ovviamente, San Carlo. Inoltre fu riprodotta l’iscrizione del 1725 che recitava così: Hic sacra civis Veneranda quiescit in urna. Ardor Martyrum Virginitatis odor (Qui riposa nell’urna la santa concittadina Veneranda. Ardore di martirio, profumo di verginità). Una concittadina che veglia sulla sua città e che protegge con infinito amore i suoi figli.
L’ultimo “trionfo” della santa è avvenuto nel 2014 con una grandiosa processione notturna che ha visto la partecipazione della autorità cittadine, delle contrade e di tutte le associazioni attive in città. 
Altri eventi pubblici significativi, seppur limitati dalle pesanti disposizioni anti Covid-19, dedicati alla “santina” si sono svolti nel 2021: domenica 19 settembre, dopo la Messa celebrata nella basilica di San Lorenzo, le delegazioni delle contrade si sono recate in processione nella chiesa di San Carlo dove la Contrada San Cassiano, in occasione dei suoi 50 anni di attività, ha offerto la pala della Madonna in trono tra i santi Lorenzo e Cassiano, realizzata dall’artista mortarese Sandro Pavesi, per abbellire la chiesa. E nello stesso anno la santa ha lasciato per l’ultima volta la sua chiesa: sia la novena che la festa, infatti, sono state celebrate nella basilica laurenziana.