Ron: “Attenti al lupo” l’ho scritta per nonna Emilia, una donnina piccola così mondina a Gropello
GARLASCO – Rosalino Cellamare, in arte Ron, e un gruppo di allievi della scuola di musica “Una città per cantare” inaugureranno la stagione primaverile del teatro “Martinetti” di via Santissima Trinità. Domenica 5 febbraio per il “Tributo a Ron” (che ha già fatto registrare il tutto esaurito da diversi giorni) gli allievi e gli insegnanti della scuola di musica saliranno sul palco alle 17 del pomeriggio per eseguire le più belle canzoni dell’autore di “Vorrei incontrarti fra cent’anni”, con cui nel 1996 vinse il Festival della canzone italiana di Sanremo in coppia con Tosca. La band è composta da Fabio Gangi, Simone Chiricosta, Giacomo Lampugnani, Marco Serra e Luca Lorenzetti. Le voci di “Una città per cantare” saranno Giulia Sassi, Marta Noè, Sofia Buca, Martina Fiorillo, Rosanna Condello, Marianna Miraldi, Gabriela Gonzalez, Martina Inglesino, Ileana Martinucci, Filippo Lombardo, Cristian Giuliano, Tommaso Gemelli e Romeo Marenghi. Regia di Fabio Buonocore, tecnico luci e audio Riccardo Mascherpa. In vista di questo appuntamento, Rosalino Cellamare racconta le sue radici lomelline. La canzone “Attenti al lupo”, scritta da lei e portata al successo da Lucio Dalla, può definirsi autobiografica? “Senza dubbio. Ho scritto questo brano nel 1990 pensando a mia nonna Emilia Rognoni, cui sono stato molto affezionato. Quando sono entrato giovanissimo nel mondo della musica, a soli sedici anni, mi chiedeva sempre che cosa facessi, dove avessi cantato, chi avessi conosciuto. Quella “donnina piccola così” era mia nonna Emilia, originaria di Gropello: aveva lavorato come mondina nelle risaie della Lomellina e aveva anche raccolto il tabacco. Ho dedicato questa filastrocca in note a quella donnina “con due occhi grandi per guardare”. Si ricorda il momento esatto in cui scrisse la canzone? “Un giorno ero a casa sua, distante pochi metri dalla mia abitazione. Mi aveva preparato il tè e i suoi fantastici ‘brasadè’, biscotti che racchiudono i sapori più autentici della nostra terra. Quando sono uscito, mi sono soffermato sulle ‘finestrelle colorate’ di casa sua e ho notato che una era più piccola di quella accanto. Così sono entrato in casa e ho iniziato a buttare giù al pianoforte una musica che riecheggiava ‘Englishman in New York’ di Sting. Subito dopo, in fretta, ho steso il testo che esaltava in qualche modo mia nonna Emilia. Non avevo ancora deciso il destino di quel brano quando, pochi giorni dopo, Lucio arrivò a casa mia. Gliela feci ascoltare e lui mi chiese: “E adesso che cosa fai di questa canzone?”. Risposi che non avevo ancora un’idea. “Allora me la prendo io”, tagliò corto. E tra la fine del 1990 e l’inizio del 1991 diventò un successo da un milione e mezzo di copie”.
Umberto De Agostino