Mede, caso manifesto «fluido»: la polemica non si placa
MEDE – Finalmente è arrivata la risposta. Al terzo tentativo Simone Annibale Ferraris, presidente del Consiglio comunale di Mede, ha ottenuto ciò che voleva sapere con un’interpellanza da lui firmata nel ruolo di consigliere comunale: come mai in una locandina di un evento settembrino dedicato all’artista Regina Cassolo erano stati usati asterischi al posto delle vocali che definiscono i generi maschile e femminile. La replica, nel consiglio comunale di giovedì 10, è arrivata dall’assessore alla cultura Patrizia Cei. Colei, cioè, che era stata definita da Ferraris come “assessore fantasma”. “Ferraris – così Cei – ha focalizzato il suo tempo su un banale manifesto da me non ideato. Come assessore alla Cultura ritengo prioritario interessarmi a promuovere eventi culturali a favore della nostra comunità. Dal 1994 condivido gli ideali di Forza Italia, un movimento ispirato ai principi di libertà, giustizia e solidarietà concretamente delineati a difesa di ogni persona in ogni sua espressione. L’asterisco ha preso piede negli ultimi anni anche per evitare un “uso sessista” della lingua: essendo cambiato nella società attuale il modo di comunicare, occorre essere più attenti e sensibili nel recepire e capire i messaggi che poi si vogliono trasmettere”. Per questo motivo Cei non ritiene che quel manifesto sia “discriminatorio”, perché “ai bambini va insegnato il rispetto contrastando le discriminazioni e le intolleranze, non solo sinonimo di ignoranza ma anche foriere di violenza”. “Noi politici – conclude l’assessore – abbiamo il dovere di trasmettere questi valori alle future generazioni. Siccome c’è tanto da lavorare per il bene della cittadinanza, ritengo inutile aver investito tempo in discussioni sterili”. Ferraris, che si è definito “non soddisfatto della risposta” come prevedibile, commenta così: “sarebbe bastato rispondere subito. Andarsene due volte dal consiglio è stato controproducente”. La domanda sorge spontanea: perché non ribattere subito? “Perché – spiega Patrizia Cei – l’interpellante cerca in modo provocatorio di dividere la maggioranza, di cui in teoria dovrebbe far parte. Quindi occorreva un segnale forte per fargli capire che la maggioranza è unita”.
Davide Maniaci