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CILAVEGNA – Non è un sodalizio in contrapposizione. Semplicemente ha l’obiettivo di portare avanti, aiutandosi reciprocamente, la fragile economia dell’asparago bianco-rosato di Cilavegna. Così Paolo Banfi (nella foto), presidente dell’Apac, acronimo della nuova associazione “Produttori Asparagi Cilavegnesi”, chiarisce gli intenti. Molti in paese si chiedevano come mai non fosse sufficiente lo storico Con.Pac, il consorzio presieduto da Gianpiero Campana attivo da quasi 35 anni. Di fatto ora a Cilavegna a coltivare il prelibato ortaggio primaverile sono ancora una decina di produttori, ma con due associazioni differenti. Una è appena nata.“Il nostro intento – dice Banfi – è fondere i metodi antichi di coltivazione, “colturali e culturali”, con un protocollo serio e serrato che sia anche sostenibile. Cercheremo di ampliare la piccola platea dei produttori grazie a questa nuova associazione libera da tutto e da tutti: gran parte dei soci, gli scorsi anni, non appartenevano a nessuna cooperativa né a nient’altro”. Banfi, produttore egli stesso nei terreni dove i figli gestiscono l’agriturismo Molino Taverna a Cilavegna, lo scorso anno ha raccolto 35 quintali di asparagi. Quest’anno non è molto ottimista: le temperature minime molto basse, più del solito in aprile, non fanno sperare. Il freddo porta paura. Si spera che nelle prossime nottate il terreno riesca in qualche modo a riscaldarsi. Perlomeno, ma è una magrissima consolazione, la sagra storica a maggio non si farà di sicuro. Come l’anno scorso, il Covid si è mangiato anche l’asparago oltre ai sogni dei produttori, del Comune e dei buongustai. Per questo è accettabile anche raccogliere un po’ meno.Come Banfi vuole sottolineare, l’Apac è semplicemente un altro modo, alternativo, per promuovere l’asparago di Cilavegna col marchio De.Co. “Collaboro – chiarisce il presidente – anche con Con.Pac, ci diamo una mano reciprocamente”. Come spiega Paolo Banfi, Colli ha solo dato una mano dal punto di vista legale (è avvocato di chiara fama) per la costituzione del nuovo sodalizio, ma non esiste alcuna acrimonia. Semplicemente, obiettivi diversi con l’amore comune per l’asparago. “Noi – conclude il “numero uno” dell’Apac, che comprende altri cinque produttori – promuoviamo esclusivamente il nostro asparago, cerchiamo di darci una mano, non consegniamo il raccolto a un solo punto vendita ma lo proponiamo singolarmente. Il presidio del prodotto, un ortaggio unico, stava perdendosi senza che nessuno avesse colpe particolari. Dobbiamo tenere conto che per coltivarlo occorre tantissima fatica, compensata da poca resa e da pochissimo tempo, un mese all’anno circa. Serve interesse e dedizione: alcuni coltivatori hanno anche un altro lavoro. Se devo riassumere tutto in un solo termine, userei “sostenibile”, e gli altri soci concordano”.Davide Maniac