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LOMELLO – Potrebbe essere longobardo il «Miles di Lomello», mattone impresso ad argilla cruda ritrovato nel locale caldaia della chiesa di San Michele quasi per caso. Se ne è interessato Fabio Dalpedri. Classe 1966, lomellese, da sempre è appassionato di archeologia e storia, soprattutto locale. Un vorace lettore di testi sul tema. Di professione fa il muratore, sempre con un occhio agli stili e ai monumenti antichi. Aveva presentato la scoperta a fine settembre in una conferenza pubblica. Ora si tirano le somme sul futuro del reperto. “Questa rappresentazione di soldato - illustra – si tratta di un caso inedito e a quanto pare sconosciuto alla letteratura scientifica. Durante una ricognizione a scopo manutentivo del tetto della chiesa di San Michele, ho visto appeso in un disimpegno della casa canonica un embrice figurato. Nel contesto turistico ma soprattutto storico di Lomello questo «riconoscimento», potenzialmente, potrebbe diventare molto importante dato che a livello iconografico non abbiamo una figura di riferimento, un emblema. Se si preferisce, un «logo». A mio parere l’immaginario collettivo lomellese ne risulterà arricchito e di conseguenza anche l’offerta turistica, senza contare le implicazioni archeologiche e storiche”. Attualmente il «Miles» è custodito in parrocchia. Sono state ipotizzate tre datazioni: tardo-antica, altomedievale e post anno mille. In base allo stile, al canone (nella fattispecie quello del dittico di Stilicone nel tesoro del duomo di Monza), all’armamento (lancia e probabilmente spada), alle dimensioni ridotte dell’embrice e alla fattura scadente di quest’ultimo, si è scelto di privilegiare l’alto medioevo. Per quanto riguarda l’attribuzione etnica, basandosi su puntuali confronti numismatici, scultorei e iconografici. Si è optato per il popolo dei Longobardi. Sono solo ipotesi: solo un eventuale e auspicato esame della termoluminescenza effettuato dalla Soprintendenza sarebbe dirimente e definitivo. Sempre ipoteticamente parlando, la provenienza del laterizio è stata definita nell’ adiacente vecchio cimitero parrocchiale ormai dismesso. Quindi, probabilmente, il tavellone fu creato ad hoc per una «sepoltura alla cappuccina», inumazione destinata a classi umili. “Vorrei – aggiunge in conclusione Fabio Dalpedri – che restasse a Lomello, esposto nel locale Museo degli stucchi, aumentando così l’offerta espositiva e archeologica del paese e soprattutto avendo così modo di essere visto da molte persone: le visite guidate, qui, hanno buon successo ogni settimana. Sarebbe bello che diventasse una sorta di mascotte del paese, per richiamare così  a Lomello studiosi e turisti”.

Davide Maniaci