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VIGEVANO – “Vogliamo sapere come è morta nostra madre, e se qualche medico ha sbagliato”. Quindi, occorre capire se l’ospedale che l’ha operata due volte, l’ultima poche ore prima del decesso, abbia responsabilità nella dinamica della tragedia. Risale all’altro ieri l’autopsia sulla salma di Graziella La Ferlita, 69 anni, vedova. Viveva a Vigevano e sempre a Vigevano, presso l’istituto clinico Beato Matteo, si era sottoposta il 18 settembre a un’operazione programmata in regime di convenzione, quindi attraverso il sistema sanitario nazionale, di bendaggio gastrico per restringere lo stomaco e perdere peso. L’intervento di chirurgia bariatrica è un’attività di routine in questa struttura sanitaria dalla storia settantennale, appartenente al Gruppo San Donato. 
Dopo l’operazione la signora, nata in provincia di Catania ma residente da tempo a Vigevano dove era conosciuta, continuava a stare male. Le sue condizioni continuavano a non migliorare, e il problema andava avanti ben oltre il normale periodo di riassestamento post-operatorio. Così, sempre ricoverata al Beato Matteo, è stata sottoposta ulteriori controlli. I medici le hanno effettuato una radiografia e una tac addominale. Poi hanno deciso di rioperarla, ricoverandola nel reparto di Chirurgia. Era il 24 settembre. Poche ore dopo, La Ferlita, già intubata, è morta nel reparto di Terapia intensiva dello stesso istituto clinico, dopo un peggioramento repentino e improvviso delle sue condizioni. I quattro figli della donna hanno inviato lo stesso giorno un esposto alla Procura della Repubblica di Pavia “per accertare eventuali responsabilità mediche e disporre l’autopsia, al fine di poter verificare le cause del decesso e valutare profili di responsabilità penale”. L’indagine da parte della Procura è stata aperta, al momento contro ignoti, e l’autopsia è stata disposta per il 30 settembre presso l’istituto medico legale di Pavia, dove si trova la salma, alla presenza anche dei consulenti di parte. Solo dopo l’esito dell’esame, che si attende ancora, si saprà se la tragedia è stata causata a un errore da parte dei chirurghi, o se non ha niente a che vedere con le due operazioni a cui era stata sottoposta la 69enne. Nulla trapela dal Gruppo San Donato, che per adesso ha deciso di non commentare la vicenda “anche perché l’indagine della magistratura è in corso”.