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VALLE – Ci sono due modi per leggere questo libro. Il primo è commuoversi, perché già le prime tre righe fanno capire sia l’amore sconfinato per il proprio paese sia l’accuratezza, che si vede nella scelta delle immagini (alcune preziosissime poiché inedite) e nei dettagli storici. L’altro è rimanere stupiti proprio per il compendio assoluto che rappresenta. Qui c’è la storia di Valle. Un centro agricolo dalla storia gloriosa sia industriale, sia antropica, sia politica, sia di umanità varia e di tutti i tipi, quando d’inverno faceva davvero freddo e quando la strada era un punto d’incontro indispensabile.
ROMANZO PER VALLE 
«Mi viene il cuore vicino» ha il sottotitolo eloquente di «Romanzo per Valle». L’autore è Vincenzo Bulgarelli, per tutti “Scocci”, perché qui tutti o quasi hanno il soprannome e con quello sono conosciuti, lo presenterà, finalmente, dopo una genesi lunghissima, domenica 10 novembre alle 16 nella sala polifunzionale Alessandro Savini, a ingresso libero. Interverrà la professoressa Maria Forni, ex preside indimenticata del liceo Omodeo di Mortara, che ha scritto anche la prefazione. Il ricavato delle vendite di questo volume, autoprodotto, andrà in beneficenza. Ovviamente per le esigenze del paese. Gli aneddoti di Bulgarelli, storico locale come non ce ne sono più, sono infiniti. Chi sapeva, ad esempio, che l’appellativo «perdaball», cioè il fannullone, la persona che tanto parla e poco fa, deriva dalla Prima guerra mondiale? “Anche i vallesi – spiega – venivano mandati al fronte: ma spesso nelle retrovie, tra gli ultimi, essendo uomini di campagna. Avevano a volte il compito di portare le pallottole, che ogni tanto cadevano”. Quindi le perdevano. Perdevano… le ball. In questo stile metà da romanzo scritto in prima persona e metà da cronaca locale accurata, si parla dell’epopea di una comunità e dei suoi personaggi intervallati da frasi in dialetto. 
“SCOCCI”
Del resto Bulgarelli «Scocci» lo ha sempre detto: “io penso in dialetto”. E poco importa se il suo interlocutore, soprattutto al telefono, fatica a stargli dietro. Prendere o lasciare. Si parla delle chiese, dei sagrati, dei parroci. Delle vecchie trattorie con le carrozze che posteggiavano davanti. Foto a tinta seppia, tutti fuori seduti col cappello. Un paese che brulicava di vita, tanti bambini (ora quanti ne nascono?), i matrimoni in cui gli astanti indossavano l’unico abito buono. Alcuni luoghi avevano il nome diverso rispetto ad oggi tipo piazza Umberto I che ora è XVI Aprile. 
Ci sono poi personaggi che non si dimenticano come “Gragi”, il Bruno, investito da un’auto pirata ancora senza nome e lasciato lì a morire. Era il 1971, c’è chi ancora lo ricorda. Come Bulgarelli che gli dedica una pagina. Lui c’era. 
TRE CINEMA
“Ricordo – incalza – che c’erano addirittura tre cinema, a Valle. Quello della Società di mutuo soccorso, il Marucchi (“Al Bigiot”) e la sala parrocchiale San Giuseppe. La neve impediva di uscire dal paese, si era più intimi. Si stava insieme. Ora “Al Bigiot” ha ripreso vita diventando agriturismo grazie ai discendenti dei gestori”.
TEATRO
Poi il teatro dialettale diradatosi per colpa del progresso. La pettegola del paese che tutto ascoltava e tutto sapeva. Il nonno di Bulgarelli, lo spazzino del paese, che riusciva di notte mentre lavorava a scambiare quattro chiacchiere col fornaio, il panettiere. I bimbi che giocavano ad “Alt e bas, chi lè sutta a l’è un paias”. Ora si annoierebbero dopo due minuti. Avrebbero ragione? Chi lo sa. Non può esserci una risposta. Si viveva con poco. Si potrebbe andare avanti all’infinito. Perché quelli di Valle vengono chiamati i «cu verd», cioè quelli col sedere verde? Ecco la spiegazione colta. 
NIENTE FOGNE
“Non c’erano le fognature, quando pioveva le strade diventavano fossati e nei bordi dei marciapiedi si formava una minuscola vegetazione verde. Ci si sedeva, spesso senza prestare attenzione. Poi ci si alzava e i pantaloni avevano quel colore lì…”. 
Si potrebbe andare avanti all’infinito, alternando il piacere del racconto di questa aneddotica precisa che attrae anche se non la si conosce alle foto. Maria Forni riassume così, nel preambolo. 
MARIA FORNI
“L’aspetto forse più interessante della struttura della narrazione è costituito dal fatto che Valle non è solo lo scenario delle varie vicende, ma è un personaggio, anzi è il narratore: non è Enzo Bulgarelli a narrare la storia di Valle, ma quest’ultimo a raccontarla all’uomo che ripercorre i luoghi della sua vita, ossia passa per quell’insieme di case, negozi, bar, chiese che, mentre si presentano all’autore che cerca lo spirito della comunità ,gli raccontano la loro storia, che è anche la sua. Rivivono in questo modo l’infanzia, la giovinezza, la maturità di colui seguendo il percorso delle vie. Il testo non appartiene propriamente al genere tradizionale delle «guide»: dalle fotografie/cartoline, di cui vi è grande dovizia, escono all’improvviso personaggi del paese, che non ci sono più nella dimensione dell’esistenza fisica, ma sono ben vivi nella comunità vallese, grazie alla memoria di chi ancora passa per strade, chiese, negozi e cortili. E chi può dire che essi non siano presenti nella vita del paese e di non averli visti con gli occhi del cuore?”.

Davide Maniaci