Rotary club Vigevano Castello: cena ad Abbiategrasso con la «luce che cura l'arte» di Paolo Salvadeo
VIGEVANO - Appuntamento con la luce che «cura» l’arte grazie ai martedì culturali promossi dal Rotary club Vigevano Castello. Che in occasione della cena - evento di martedì 27 febbraio dal titolo «Light for art» al Ristorante di Agostino Campari di Abbiategrasso (inizio alle 20 e 15, unisce le forze con il Rotary di Abbiategrasso. A fuoco, è letteralmente il caso di dirlo, la luce laser che trasforma la materia e riporta a nuova vita capolavori iconici di importanza mondiale tramandandoli alle future generazioni. Un esempio emblematico e un messaggio di speranza è il «caso» del gruppo El.En, fondato 42 anni fa a Firenze e quotato all’Euronext STAR di Borsa Italiana, 13 stabilimenti produttivi, che impiegano circa 2100 dipendenti. E sarà proprio il direttore generale del gruppo, l’ingegner Paolo Salvadeo, a intrattenere i commensali. Da sempre leader nel settore dei laser in ambito medico e industriale, la società da diverso tempo si è specializzata anche nella progettazione e fabbricazione di tecnologie fotoniche in ambito artistico. Ad oggi si parla di più di 35 siti Unesco, che sono stati trattati con i suoi laser. Un impegno significativo quello del restauro a cui la società attribuisce un valore molto importante, anzi si può dire una missione sociale. Paolo Salvadeo (nella foto) che è il direttore del gruppo, spiega perché restaurare un’opera con il laser ha dei vantaggi.
Tramite i laser, i restauratori riescono a rimuovere gli strati che si sono depositati sull’opera e che la stanno aggredendo, e lo fanno in modo selettivo, dosando l’intensità dell’energia, la potenza media e selezionando i giusti parametri con varie lunghezze d’onda a seconda del tipo di intervento. Gli strati che vengono rimossi hanno lo spessore di micron e dunque si evita di scavare in profondità con metodi meccanici. Vengono pertanto rimossi millesimi di millimetro di strato fino a quando non è stato raggiunto un livello di pulitura accettabile. Il tutto sempre rispettando un principio chiave del restauro moderno, teorizzato da Cesare Brandi, secondo il quale un’opera non si deve riportare allo stato originario tralasciando quello che è successo nei secoli ma mantenendone la cosiddetta “patina”. Il “restauro critico” di Brandi propone il progetto di recupero come una “lettura” del monumento, da conservare nella sua stratificazione storica, tra immagine e materia, nella forma in cui ci è pervenuto.
È lungo l’elenco delle opere finora restaurate con i laser della società: dal Ponte di Rialto ad alcune opere della Cappella della Sacra Sindone dopo l’incendio del 1997, alla Cappella del Cardinale del Portogallo nella chiesa di San Miniato a Firenze, al David di Donatello, al Sacro Mantello di Maometto, alla Torre di Pisa, al Duomo di Orvieto (che era stato imbrattato da alcuni vandali), ad alcuni affreschi di Pompei. Più recentemente, grazie ai laser del gruppo El.En. sono state restaurate anche alcune parti del Colosseo, l’arco di Costantino, quello di Settimio Severo, la Domus Aurea e la Basilica Sotterranea di Porta Maggiore a Roma, ma anche le Catacombe di Domitilla e quelle di Priscilla.
“Dopo la Cattedrale di Lincoln, - anticipa il direttore Paolo Salvadeo - dove hanno operato i nostri laser, stiamo aspettando di avere il via libera per realizzare alcuni test di pulitura su Westminster Abbey ed entro la fine dell’anno dovremmo avere una risposta. Sempre in Inghilterra, ai nostri partner locali abbiamo manifestato la disponibilità a supportare con i nostri laser anche la pulitura di alcune facciate, molto annerite, nel cortile interno di Buckingham Palace, ma c’è una trafila burocratica da rispettare. È il Re in questo caso che deve decidere se aprirci la porta. Prima di intervenire, c’è una lunga fase di diagnostica dello stato di un’opera che diventa imprescindibile e fondamentale. Prima di effettuare qualunque pulitura con il laser, bisogna cioè fare delle analisi iconografiche ad altissima risoluzione, sia nel visibile che attraverso i raggi infrarossi o ultravioletti e in alcuni casi anche con quelli X. Poi ci sono i tempi della burocrazia, perché non si può operare senza il via libera della Sovrintendenza o di altre autorità preposte. L’intervento vero e proprio dura qualche mese, ma per ottenere le varie autorizzazioni possono anche trascorrere tempi molto lunghi. Abbiamo un team interno, composto da archeologi ed esperti di conservazione e restauro dei beni culturali, che sovente affiancano i restauratori, i quali, oltre ad essere gli unici che possono intervenire su un’opera, devono aver ottenuto un diploma rilasciato dalle scuole di alta formazione e studio autorizzate dal Ministero della Cultura. Sono pochissime, e tra queste Torino, Firenze e Napoli formano anche all’utilizzo del laser. I tecnici specializzati in Italia non sono molti, poche centinaia”.
Restituire l’antico splendore ha un’opera d’arte, tuttavia, ha dei costi considerevoli. Dipende ovviamente dall’opera stessa e dal tipo stesso di intervento, ma in linea di massima si parte da 50mila fino a qualche milione di euro. “Sarebbe necessaria - riflette Paolo Salvadeo - una maggiore sensibilizzazione delle istituzioni perché i fondi pubblici sono davvero pochi. Ed infatti spesso a sponsorizzare il restauro di un’opera è un soggetto privato, come nel caso della fontana del Nettuno, detto volgarmente “il Biancone”, che sta a Piazza della Signoria a Firenze, il cui intervento (nel quale è stato utilizzato anche il nostro laser) è stato sponsorizzato da Ferragamo con il benestare ovviamente della Sovrintendenza. sul nostro fatturato consolidato 2022 di 673 milioni, il business dei laser per i beni culturali ha rappresentato meno un milione di euro. È quindi un segmento molto piccolo, il che è un grosso peccato perché i monumenti fanno parte della nostra storia e avere la possibilità di tramandarla è per noi motivo di grande orgoglio. Non solo, rappresenta un valido strumento di marketing perché ci dà credibilità anche nel settore medicale-estetico e in quello chirurgico. Possiamo dire che la stessa cura che abbiamo di un Michelangelo, Raffaello, o di un Leonardo, la portiamo sulla pelle di tutti i pazienti. Il fil rouge che unisce i nostri interventi sia nel settore dei beni culturali che in quello dell’estetica o della chirurgia è insomma quello della bellezza, del rispetto e della precisione. Personalmente, l’intervento che mi ha maggiormente coinvolto è stato quello sugli ultimi due affreschi che ha dipinto Michelangelo prima della morte e che stanno nella Cappella Paolina, quella privata del Pontefice. Mi sono trovato davanti ad essi al buio, e poi, quando è stata accesa la luce, poter ammirare sul ponteggio l’ultimo autoritratto dell’artista, a pochi centimetri di distanza, è stata un’esperienza che non dimenticherò facilmente”.
Riccardo Carena