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ROBBIO - Era uno imbevuto di musica ed umanità. Un autodidatta. Uno di quelli che trasmette il trasporto che prova negli altri. Gian Carlo Bardella di bande ne ha girate molte, dalla profonda Lomellina, al bacino del Sesia, fino alla valle del fiume Bormida. Ed ovunque ha saputo lasciare un segno. Si forma però in paese, nella banda locale, un po’ come tutti. Sperimenta. Prima la marching band, poi musica beat, swing, rock e soul. E’ del 1946, e negli anni Sessanta già cavalca i palchi. Un solo sassofono non basta. Va dal baritono al soprano, e nel frattempo diventa anche direttore delle bande in cui milita. Nel frattempo il figlio Alessandro è nato, e seguirà le sue orme, studiando clarinetto al conservatorio. A lui si deve l’organizzazione dell’evento per Gian Carlo. Quella del sassofono è stata per Gian Carlo una scelta quasi obbligata. Suonava anche lui il clarinetto, e soprattutto la fisarmonica. Un incidente gli costa la perdita di una falange, e premere i tasti diventa complicato. Ma gli restano i fiati. Li porta avanti ed ispira gli altri. Perché era uno di quelli che “dà tutto per il gruppo in cui suona - ricorda il figlio Alessandro -. Se qualcuno diceva di non essere in grado di suonare un determinato brano, lo prendeva e gli diceva ‘proviamolo, e vediamo se è davvero così’. Alla fine riuscivano sempre”. Non stupisce che uno con questa grinta mandasse poi i propri cadetti nei conservatori. Lui no. Gian Carlo era il maestro di se stesso. Uno che ha trasformato l’attività del tempo libero in un lavoro. “Vicino a lui si imparava - racconta ancora il figlio - anche a livello morale. Portava i musicisti a riuscire in ciò in cui faticavano. Suonava per gli altri. Interpretare o arrangiare un certo brano dipendeva sempre da chi si ritrovava davanti”. Per la vigilia di Natale suonava vestito da Babbo Natale per fare gli auguri ai bambini e racimolare qualche soldo per la banda stessa. Era poi il turno dei ricoveri degli anziani. Ora invece una voce di gloria e malinconia che spesso arriva alle orecchie di Alessandro: “finché c’era tuo padre, c’era la banda”.Gabriele Tocchi