MEDE – Nessun contagio da Covid-19 finora, toccando ferro, all’interno della casa di riposo di Mede. I dati dei decessi del mese di marzo sono in linea con quelli del 2019, 5 persone defunte. Se il Coronavirus è rimasto fuori dai cancelli delle Istituzioni Riunite, c’è un altro spettro non meno inquietante che rischia presto di chiedere il conto, quello del dissesto finanziario. Nessuno può infatti rimpiazzare quei cinque letti vuoti, e cinque rette in meno di questi tempi possono voler dire zero stipendi per i dipendenti. Il 10 aprile il bonifico è partito regolarmente. Il 10 maggio chissà. Il problema coinvolge altre Rsa del territorio, soprattutto quelle private. L’allarme lo lancia Roberto Picco (nella foto), direttore generale della Fondazione. “I posti letto in struttura sono 130, quelli occupati attualmente 124 – conferma Picco – e i 6 vacanti per ora devono rimanere vuoti. Noi come Istituzioni Riunite gestiamo anche la parte educativa dell’asilo nido e della scuola per l’infanzia, per ora ovviamente ferme. Una congiuntura che ci crea grossissimi problemi di liquidità. Essendo un ente privato le misure messe in campo finora dal Governo non ci coinvolgono. Nessuno ci sta aiutando. Sono molto preoccupato. Se il 10 maggio non si fosse ancora sbloccato nulla, sarei costretto a farmi anticipare dei soldi dalla banca per garantire alle famiglie il regolare stipendio. Voglio precisare che sono convinto che la Regione abbia messo in campo tutte le risorse disponibili, ma spero ne trovi altre e che ci aiuti. Ne va della nostra sopravvivenza come Fondazione”. I sonni poco tranquilli di Picco, che dall’8 marzo non esce di casa, almeno riguardano soltanto il fattore economico. La strada scelta per l’Rsa da Picco e dal direttore sanitario Donatella Galaschi, quella della chiusura da subito, ha evitato il propagarsi dell’epidemia al suo interno. Altrove (come a Gropello, dove sono morti circa un quarto degli ospiti) è una strage. Dal 24 febbraio nella casa di riposo di Mede sono arrivati i guanti e le mascherine e i parenti hanno avuto via via più restrizioni. Prima uno solo per ogni ospite per un tempo limitato. Poi da inizio marzo basta, visite sospese. Anche tutto il personale degli uffici è presente al lavoro in modo scaglionato, uno al giorno fin dall’inizio dell’emergenza. “L’unico rischio potenziale – prosegue il direttore generale – riguarda il personale, 80 elementi circa. Molti lavorano anche in altre strutture sanitarie e quindi è impossibile impedirgli di muoversi e capire esattamente se fossero “portatori positivi”. Ma dal 17 marzo misuriamo la temperatura in entrata e in uscita. Se fosse maggiore di 37 gradi e mezzo, rimanderemmo subito a casa il dipendente. Finora una sola si è ammalata ma si trovava a casa e lì è rimasta, e viene periodicamente sottoposta a tamponi”.Davide Maniac