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ROBBIO - Quando dal cielo piovevano bombe c’era chi stava dalla parte dell’umanità. Il racconto di Giuseppe Zucca su quei lomellini che hanno salvato vite a discapito del regime durante la Seconda guerra mondiale. “I Giusti di Lomellina - nomi e storie dei collaboranti italiani nell’aiuto ai prigionieri alleati fuggiti dai campi di lavoro” è uscito lo scorso settembre. Verrà presentato il prossimo venerdì 17 marzo nella chiesa di San Valeriano. 
“E’ il seguito - racconta l’autore - di un mio libro pubblicato nel 2016 con Italia Nostra e racconta dei prigionieri alleati, soprattutto inglesi e sudafricani, portati in lomellina tra marzo e aprile del 1943. Erano chiusi in campi di lavoro di campagna presso cui dovevano lavorare, spesso nei campi con le nostre donne lomelline”. Trentadue campi del nostro territorio dipendevano dal comando di Mortara. “Stavano ai suoi ordini - continua - anche distaccamenti presenti nel pavese e nel lodigiano”. “Di prigionieri ne arrivarono in totale 2500. Passarono tutta l’estate qui, con la nostra gente, per la raccolta del grano. Dopo i giorni di battaglia in cui hanno sofferto le pene dell’inferno, per molti diventano quasi mesi positivi. Il vitto era sufficiente, integrato con prodotti dell’orto”. La svolta arriva con l’esautorazione di Mussolini e l’armistizio firmato dal generale Badoglio il 3 settembre del 1943. L’8 settembre viene dichiarato alla popolazione “A quel punto - continua Zucca - nell’esercito Italiano regna la confusione. I soldati di guardia abbandonano le posizioni, tornano a casa per salvarsi individualmente. I prigionieri scappano e si rifugiano in campagna, cercando di capire cosa succede. Qui compare lo straordinario aiuto verso questi ragazzi che si incontravano nei campi. Portano cibo e vestiti e cercano di dar loro un rifugio, tenendo conto che dopo il primo momento di sbandamento c’erano ancora i nazisti in Nord Italia e i fascisti della Repubblica di Salò”. 
Comincia la caccia agli evasi e ai traditori che li stanno aiutando. Di fronte a loro la minaccia della fucilazione, l’invio nei campi, e taglia per la cattura dei prigionieri. 
“Ad essere stati aiutati e nascosti sono stati in centinaia, per lo più indirizzati verso la svizzera neutrale, che garantiva loro salva la vita”. Il nuovo libro elenca i nomi di queste persone che hanno aiutato. Più di 500 giusti di lomellina. Trentasei racconti descrivono queste vicende. La maggior parte sono inediti. Altri recuperati da libri precedenti. Vengono così identificati coloro che ottennero riconoscimento per l’aiuto verso gli alleati. 
“Mesi pericolosi ma entusiasmanti” è riassunto che ne fa l’autore. 
E’ così: momenti dove gli eroi sono disposti a mettono a repentaglio la propria vita per la libertà altrui. Qui si faceva più che mai importante la facoltà di scegliere per il bene maggiore. Non si tratta però di racconti esclusivamente pesanti o bui. Tutt’altro. E’ reperibile quasi una certa leggerezza d’animo, per non rendere più tristi dei racconti in cui anche solo il contesto innesca ricordi terribili. Come quella del “coniglio democratico”. Quando 5 membri su 6 dell’equipaggio di un bombardiere Lancaster britannico morivano in uno schianto a Villareale, presso Cassolnovo. All’unico sopravvissuto veniva concesso di rimanere in paese dal podestà. Assieme a lui si era salvato anche un coniglio, la mascotte del gruppo. Venne messo in gabbia da un cassolese, separato dalle coniglie italiane perché non avessero cuccioli misti. Dopo l’armistizio la gabbia venne però aperta. I conigli poterono incontrarsi, ed in Italia cominciava il trionfo per la democrazia.

Gabriele Tocchio