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MEDE – Un lato finora poco noto della Seconda guerra mondiale e dei suoi strascichi diventa storia codificata grazie allo storico locale Giuseppe Zucca (nella foto). Passa anche da Mede la presentazione del saggio “I giusti di Lomellina – Nomi e storie dei collaboranti italiani nell’aiuto ai prigionieri Alleati fuggiti dai campi di lavoro”, dal settembre 1943 all’aprile 1945.
Sarà sabato 22 aprile alle 15 presso gli spazi adibiti a biblioteca del castello Sangiuliani. L’evento è patrocinato dalla biblioteca e dall’assessorato alla cultura. I presenti, a ingresso libero, potranno ascoltare i nomi e le storie di chi, correndo mortali pericoli, prestò soccorso a centinaia di prigionieri evasi dai campi di lavoro, in oltre trenta Comuni lomellini. Una pagina importante di storia che segue l’altrettanto fortunato "Prigionieri di guerra in Lomellina. Campo di lavoro numero 146 (aprile-settembre 1943)".
Gianluca Chiesa, consigliere della biblioteca di Valle, fornisce una recensione dettagliatissima dell’ultima opera di Zucca. “Già il primo libro – scrive – metteva a fuoco gli accadimenti ponendo l’accento sulle premesse (la smobilitazione dall’Africa delle truppe nazifasciste, con il conseguente afflusso in Italia di decine di migliaia di prigionieri alleati), sulla costituzione dei campi di lavoro (in particolare, quello di Mortara, dal quale dipendeva una serie di campi-satellite), sulla loro struttura e sulle condizioni di vita e di lavoro della manodopera impiegata, quindi sulla situazione caotica del dopo armistizio (8 settembre 1943) e sulla sorte dei prigionieri in fuga, in parte catturati e deportati, ma in numero molto maggiore nascosti e protetti dalla popolazione lomellina, solidale con loro e ostile verso i tedeschi occupanti e la neonata Rsi”. In questo secondo volume Zucca riversa i risultati di altri sei anni di ricerca certosina, non limitandosi più al quadro generale ma facendo, mi si passi l’espressione, nomi e cognomi: i nomi di quanti, a rischio della loro vita, contribuirono fattivamente alla salvezza dei prigionieri alleati fuggiti dai campi di lavoro dopo l’armistizio. Una parte di questi nomi continua a mancare all’appello, naturalmente: il metodo storiografico, richiedendo una netta demarcazione tra i fatti acclarati e le ipotesi, pretende per i primi la presenza di fonti documentarie attendibili. Il professor Zucca si è sobbarcato l’impresa di spulciare una per una le carte, relative a quegli anni, conservate negli archivi dei Comuni coinvolti: già al termine di questa prima fase è stato in grado di stilare un elenco numericamente ragguardevole, per quanto sommario. Successivamente, ha avuto accesso ad un secondo gruppo di documenti (archivi privati, verbali con le testimonianze dei prigionieri alleati raccolte dagli Inglesi e dagli Americani, fondi e Istituti di storia). Al termine delle ricerche ha potuto individuare oltre 500 nominativi, suddivisi per oltre 30 Comuni della Lomellina.
“Molti altri – prosegue la sinossi di Chiesa – restano ancora sepolti nelle tenebre del passato (d’altra parte, lo stesso Zucca è consapevole di aver pubblicato un libro “aperto”, cioè passibile di un numero indefinito di aggiunte). Ma coloro che sono tornati alla luce bastano a rendere la misura di quanto sia stato diffuso quel sentimento di solidarietà per lo più spontanea da parte delle comunità lomelline verso nemici che non erano sentiti tali. Il lavoro del professor Zucca ha molti meriti, due in particolare: avendo posato il suo sguardo critico su vicende e situazioni poco o per nulla affrontati in precedenza, colma una lacuna storiografica, e così facendo sottrae all’oblio i protagonisti di quelle vicende e ne affida il comportamento ammirevole alla memoria collettiva. Un ulteriore pregio del libro va ravvisato nella particolare disposizione e rielaborazione del materiale raccolto, che non si esaurisce in una mera elencazione di nomi e fatti. Tutt’altro: per ogni località, accanto ai nomi dei benemeriti campeggiano le storie di alcuni di coloro che beneficiarono del loro altruismo. Storie brevi, eppure nitide e tratteggiate a tutto tondo, scelte secondo un duplice criterio di esemplarità e varietà”.
Perché quei nomi, ci suggerisce l’autore, non dicono nulla se non si compie lo sforzo di far emergere da essi le persone, il loro vissuto, il carattere e la dimensione emotiva del loro agire. Di conseguenza, le pagine del libro trapassano continuamente dal rigore della ricerca storica alla vivacità coloristica della narrazione (che comunque non deroga mai al principio di realtà). Un’ultima annotazione a proposito del titolo. “Giusti di Lomellina” richiama immediatamente l’espressione “Giusti tra le Nazioni”, con la quale gli ebrei indicano tutti i non ebrei che, a rischio della propria vita e senza alcun interesse personale, abbiano salvato anche solo un ebreo dal genocidio nazista. Nella prefazione del libro il professor Zucca rivela di essersi interrogato a lungo sull’opportunità di istituire un simile collegamento tra le vicende da lui prese in esame e la Shoa. Un dubbio infine superato considerando la famosa frase del Talmud “chi salva una vita salva il mondo intero”.
La giustizia non si misura con il metro della quantità: la gente di Lomellina che, in quei terribili frangenti, ha deciso di posporre la propria comoda sicurezza ad un disinteressato e pericoloso altruismo non avrà salvato il mondo intero, ma sicuramente ha contribuito, nel suo piccolo, a salvare l’essenza dell’umanità, minacciata come mai prima di allora dall’orrore e dall’odio. 

Davide Maniaci