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25 novembre, la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Una data da ricordare e che rimanda ad un tema importantissimo, il quale dovrebbe avere la stessa importanza ogni giorno dell’anno. Soprattutto in questo 2020, dove la pandemia ha costretto il mondo intero a rimanere in casa ventiquattro ore su ventiquattro, il problema della violenza domestica ha raggiunto davvero connotati enormi. “Di norma, solo il dieci per cento delle donne denunciano le violenze subite – a parlare è Isa Maggi (nella foto), coordinatrice dell’associazione degli Stati generali delle donne – è per questo che è importantissimo continuare a parlare dell’argomento e coinvolgere le donne a condividere sempre e non solo un giorno all’anno. Il problema è duplice: oltre alla difficoltà a denunciare la propria condizione, si aggiunge infatti anche la sfiducia delle donne verso le istituzioni. Bisogna ricordare infatti che l’Italia è stato uno dei primi paesi a rettificare la convenzione di Istanbul nel 2013 ed a istituire un protocollo di codice rosso la scorsa primavera. Tuttavia, queste disposizioni spesso non riescono ad essere applicate, anche per la mancanza di personale. Con il lockdown poi la questione è diventata doppia. Essendo costrette in casa, infatti, sono state vittime di ancora più casi di violenza senza però riuscire a chiedere aiuto per la presenza costante in casa del proprio assalitore. In questo modo non si può nemmeno far fede sui dati rilevati, che mostrano soltanto la punta dell’iceberg di tutti i casi di violenza domestica. Per questo riteniamo che sia fondamentale continuare a parlare del problema ed istruire le donne stesse nel riconoscere la violenza. Non esiste soltanto il maltrattamento sessuale, infatti, ma si può essere vittime anche di violenze psicologiche, economiche e sociali”. Gli stati generali delle donne hanno quindi deciso per questo 25 novembre di passare dalle parole ai fatti, organizzando per le donne vittime di violenza interventi coordinati per consentire loro di recuperare la propria autonomia economica e finalmente risolvere la questione abitativa. “Il rischio – spiega ancora Isa Maggi - è che l’ansia, oltre alle difficoltà economiche quotidiane, la mancanza di lavoro, il non poter uscire dalla sfera del maltrattante si trasformi in dolore profondo e in una seria condizione psicologica con ricadute rilevanti sulla salute nel suo complesso e sui diversi aspetti della vita delle persone, dal lavoro ai rapporti sociali, alle relazioni familiari”. Per questo, oltre alle conferenze giornaliere in diretta che sono oramai una consuetudine in questo tempo di epidemia per i frequentatori della pagina Facebook degli Stati generali, dal 17 novembre al 15 dicembre è in corso un importante corso di formazione e di aggiornamento sulla violenza a partire dalla Convenzione di Istanbul. Tanti appuntamenti con ospiti illustri per fermare la piaga sociale della violenza di ogni tipo, sulle donne e contro le donne.Beatrice Mirimi