Stare a casa significa a volte riscoprire la propria vena artistica e dedicare più tempo alla propria passione, che spesso può essere molto insolita e particolare. Il mortarese Daniele Guglielminetti (nella foto), per esempio, fin da bambino è stato cresciuto “a pane e soldatini” e oggi è diventato un grande appassionato di modellismo. Nel suo tempo libero colleziona figurini di indiani pellerossa (guai a chiamarli soldatini) da assemblare e da dipingere. Questo suo passatempo, che coltiva ormai da più di trent’anni, lo ha portato a fare parecchia ricerca e ormai lo ha fatto diventare un vero e proprio esperto di storia degli indiani pellerossa, con particolare attenzione al Settecento americano. L’isolamento forzato ha permesso a Guglielminetti di dare sfogo alla sua passione e l’ultimo mese è stato davvero molto proficuo: si parla di cinque figurini di Indiani d’America assemblati e dipinti. Quattro realizzati nell’arco di venti giorni e l’ultimo, uno scout Irochese Mohawk, completato settimana scorsa dopo ben quindici giorni di lavoro. Naturalmente la sua attività non finisce qui, perché Guglielminetti si è già messo al lavoro su altri due pellerossa che arriveranno a breve. La tecnica di lavorazione è minuziosa e necessita di molta delicatezza: non basta avere la passione, bisogna anche avere una mano ferma, essere precisi e avere molta pazienza, perché saper dipingere è un vero e proprio dono. “Innanzitutto – racconta Daniele Guglielminetti – dopo aver acquistato il personaggio smembrato si ricompongono i singoli pezzi con la colla. Una volta fatto ciò, si comincia a dipingere. Per prima cosa si passa una prima mano di pittura in acrilico, poi per i dettagli si può scegliere tra la pittura a olio o di nuovo l’acrilico. Io personalmente preferisco fare le sfumature con la pittura a olio, anche se i tempi di asciugatura sono più lunghi. Secondo me il risultato è migliore. Per via di questa scelta, spesso il figurino rimane lucido. Ma gli indiani pellerossa si cospargevano di grasso, per cui l’effetto del lucido non è un problema. Anche il cavallo è giusto che rimanga lucido. L’unico elemento che non può esserlo è la divisa, e in questo caso bisogna utilizzare un opacizzante”. Guglielminetti condivide questa sua passione per i figurini con un gruppo di amici. Nessuno di loro può definirsi giovane, e ciò lascia presupporre che, purtroppo, il loro hobby scomparirà molto presto o comunque sarà destinato ad essere sempre più di nicchia. I giovani che si dedicano al modellismo al giorno d’oggi si sono convertiti ormai tutti al mondo fantasy, mentre tra i “veterani” vanno per la maggiore i figurini napoleonici, caratterizzati da una grande varietà di divise. “Quando dipingo i miei figurini di indiani pellerossa – afferma Guglielminetti – io parto sempre dal volto. Ognuno ha la sua tecnica, ma io per prima cosa voglio vedere gli occhi dei miei personaggi. Per realizzare semplicemente un viso, sono necessari anche fino a quattro o cinque colori per dare correttamente ogni minima sfumatura. Per fortuna io mi ritengo molto pignolo e meticoloso”. E questa grande cura nei dettagli ripaga, perché qualcuno addirittura voleva comprare i figurini lavorati da Guglielminetti. Offerta che l’artista ha gentilmente rifiutato perché i suoi indiani non sono in vendita. “I figurini – afferma – possono essere in resina o in marmo bianco, altri invece sono misti. Esistono anche i diorami, set di figurini immersi in una scena di vita. I pezzi in resina solitamente sono di una qualità maggiore, ma io non guardo in modo particolare il materiale in realtà. Deve convincermi più che altro il personaggio. Il corpo in movimento e la sua espressività devono trasmettermi qualcosa”. L’hobby di Guglielminetti sicuramente non è tra i meno costosi di tutti: un figurino alto 75 millimetri costa in media sui 35 euro. I prezzi naturalmente variano a seconda della ditta e della dimensione del figurino. Più aumentano i dettagli, e più costa. Ma un vero collezionista non bada a spese. “L’unico problema in questo periodo – conclude Guglielminetti – è che il negozio dove facevo fare le targhette di descrizione è chiuso, per cui tutti i miei indiani dipinti finora ne sono rimasti senza”.Massimiliano Farrel