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Perché parlare della Luna o, più in generale, di tutti gli astri? Di motivi ce ne sarebbero molti, o forse nessuno. Infatti, la risposta alla domanda dipende dal tipo di persona che se la pone perché, in fondo, ci sono solo due modi di vivere. Li possiamo indicare con questi due aggettivi: comune e metafisico. Alla prima domanda, sul perché, ne fa seguito un’altra: come parlarne? Si tratta quindi di compiere una scelta.Scegliere, questa parola tanto comune nel linguaggio quotidiano e che sembra caratterizzare la nostra società consumistica. Tuttavia, il significato più intimo di questo termine è andato dimenticato. Un po’ come l’altra faccia della nostra cara Luna, che c’è ma non si vede. Affiora alla mente l’insegnamento di un grande filosofo, Søren Kierkegaard, che al concetto di scelta dedicò gran parte della sua riflessione. A dire il vero, non è stato l’unico, e forse neanche il più famoso. Però è certamente suo il merito di aver scritto un’opera intitolata “Aut-aut”, vale a dire, traducendo dal latino, “O questo o quello”. Già il titolo, che è la parte più importante di qualsiasi testo, va dritto al cuore del problema. Sì, perché tutta la nostra vita è un continuo susseguirsi di “o questo o quello”. Certo, Kierkegaard è prima di tutto un filosofo della religione e per lui la scelta conduce al “salto” nella fede, ma il suo pensiero ha in ogni caso una valenza universale (laica, potremmo dire), applicabile ben oltre il campo strettamente religioso, nei territori sconfinati di tutto ciò che è meta-fisica. Di tutto ciò che, per farla breve, appartiene alla vera definizione di uomo.Tutta la nostra vita è fatta di scelte da dover prendere, più o meno importanti, per noi e per gli altri, in cui vengono chiamate in causa la responsabilità e la libertà individuale. È superfluo ricordare che anche astenersi dal compiere una scelta significa scegliere: scegliere di non scegliere, per l’appunto. A dire il vero c’è un’altra possibilità: scegliere di fare le “banderuole”, cioè scegliere di prendere posizione in base a come tira il vento. Si pensi, senza alcuna vena polemica, alle odierne vicende politiche nazionali, internazionali, mondiali. Quanti esempi si potrebbero fare di viltà e di ignavia. La scelta, in alcune circostanze della vita, può diventare pesantissima e metterci spalle al muro. La scelta, le scelte, vanno affrontate, per definizione. Poi è ovvio che si possono anche commettere delle scelte sbagliate. Ma questo, si sa, fa parte del gioco. Un gioco che non possiamo conoscere in anticipo come andrà a finire. È il come ci approcciamo alla scelta che realizza la nostra personalità.Avevamo iniziato parlando della Luna e… siamo finiti qui. Come è possibile? Forse c’è del buono nel concedere un pochino di spazio alla riflessione metafisica. Proviamo, comunque, a richiudere il cerchio. Alla luce di quanto detto fino ad ora, possiamo dire che ci sono tre modi di guardare il firmamento, con la Luna e tutti i suoi astri. Il primo è quello della fisica: grandezze, misurazioni e distanze che, se non diventano fini a se stesse, hanno un valore per l’uomo in quanto tale. È questo il luogo in cui ricordare, come insegna un altro importante pensatore per certi versi opposto al danese, che ogni metafisica nasce dalla fisica. Il secondo modo con cui ammirare le bellezze astronomiche è quello della metafisica: stupore, meraviglia, mistero, sforzo estremo per cercare di com-prendere il mondo. Infine, c’è il punto di vista superficiale, per cui la Luna, le stelle e tutta la popolazione celeste sono mute e morte per colui che guarda. È questo quello più diffuso.Purtroppo c’è da dire che dalle nostre parti, già di per sé non geograficamente ottimali per l’osservazione astronomica, l’inquinamento luminoso è davvero elevato. Però, in certe notti, è ancora possibile scorgere la meravigliosa scia della Via Lattea che taglia in due la volta celeste e il lento accendersi di migliaia di stelle che erano rimaste invisibili ad un primo sguardo. Ammirare il cielo stellato in una notte serena e silenziosa, lontano dalle vicende umane che fanno tanto rumore (per niente) quasi come se la nostra vita su questo granello di polvere che galleggia nell’infinito non avesse una fine, ha una sua utilità. Ancora meglio se si è soli. Trovarsi da soli sotto un cielo stellato, infatti, è anche un buon modo per ritrovare e conoscere se stessi. Lo spirito riceve una spinta a rispecchiarsi nel cosmo e a respirare l’essenza più nascosta che permea e vivifica il tutto di cui siamo parte animata.La vicina Luna rimane sempre l’astro più bello, resistente all’inquinamento luminoso, ancora capace di regalare immense emozioni all’osservatore che la sappia contemplare con grandezza d’animo. Allora lo scienziato si soffermerà a contare gli innumerevoli crateri, le luci, le ombre e le sue fasi. Per il metafisico il nostro satellite sarà invece il trampolino di lancio dal quale buttarsi con lo spirito in quel “campo di lotte senza fine” (per usare le parole di Kant) che è la Metafisica. Per chi invece sceglie di condurre una vita senza domande e senza scelte fondamentali la Luna non dice nulla. Per costoro guardare il cielo notturno è un’attività perfettamente “evitabile”, di cui se ne può fare a meno, perché per molti oggi l’obiettivo della vita è diventato la più assoluta spensieratezza. Costoro si trovano a loro agio nell’inquinamento luminoso. Anzi, inconsciamente, ringraziano che la luce artificiale nasconda loro la vista di un universo infinito che finirebbe per spiazzare l’egoismo umano.Nicholas Scott