Pavia, la Guardia di finanza sgomina un'associazione a delinquere dal giro milionario: misure cautelari per sette indagati
MILANO – I sette sono ritenuti membri di un’associazione per delinquere dal giro milionario, finalizzata alla indebita compensazione di crediti tributari e previdenziali inesistenti tra società apposta costituite, alla commissione di reati fiscali, alla bancarotta fraudolenta, al riciclaggio e all’auto-riciclaggio sulla asse Italia - Croazia.
Molte di queste società erano totalmente non operative, pur avendo a libro paga, sulla carta, anche oltre 200 dipendenti. Ma non facevano nulla. Se non muovere centinaia di milioni di euro. Coordinati dalla Procura della Repubblica del Tribunale di Milano, nelle prime ore di giovedì 9 febbraio i militari hanno dato esecuzione a sette misure cautelari nei confronti di altrettanti soggetti.
Per uno di loro si sono immediatamente aperte le porte del carcere, altri due si trovano attualmente ai domiciliari, mentre per quattro è scattato l’obbligo di dimora. Il volume di denaro manovrato dall’associazione a delinquere è immenso: le prime stime sfiorano i 200 milioni di euro, ma la cifra è destinata a salire ancora. Con il sistema degli “spalloni” (come quello utilizzato dai contrabbandieri) poi, il denaro veniva prelevato in Croazia e rintrodotto in Italia. In un’occasione, accertata, utilizzando un’automobile, come quella sequestrata a Palazzolo sull’Oglio, in provincia di Brescia, che viaggiava “appesantita” da un carico di 770mila euro in contanti. E pensare che tutto è iniziato da un’ispezione in un cantiere edile nel Pavese, nel 2016, da parte del Nucleo ispettorato del lavoro dei Carabinieri di Pavia. Dall’ispezione in materia di vigilanza tecnica, salute nei luoghi di lavoro e legislazione, è emerso però un gigantesco sistema criminale, articolato e studiato nei minimi dettagli che i finanzieri del Comando provinciale della Guardia di finanza di Milano e i carabinieri del Gruppo tutela lavoro hanno lentamente smontato, pezzo dopo pezzo.
L’articolata indagine e le operazioni ancora in corso hanno anche condotto a ben 45 perquisizioni nei confronti di altri 22 indagati, oltre al maxi-sequestro preventivo tra beni immobili e denaro fino alla concorrenza dell’importo di 162 milioni, 750mila e 973 euro. La complessa indagine era stata avviata nel 2016, a seguito di un accesso ispettivo in un cantiere edile nel Pavese. Gli sviluppi dell’ispezione hanno permesso di individuare una serie di società assistite da un unico professionista, un dottore commercialista che, mensilmente, portavano in compensazione i contributi assicurativi e previdenziali relativi alla numerosa manodopera, vantando dei crediti di imposta risultati inesistenti.
Lo sviluppo delle attività investigative, co-delegate ai militari dei Nuclei carabinieri Ispettorato del lavoro di Pavia e Milano, al Nucleo operativo del Gruppo carabinieri Tutela lavoro del capoluogo e del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Milano, facevano emergere una vera e propria struttura associativa che si rendeva responsabile della commissione di reati plurimi e aggravati. Nel dettaglio: indebita compensazione di debiti previdenziali e assistenziali per almeno 59 milioni, con inesistenti crediti Iva, Ires e Irap; reati fiscali per ulteriori 58 milioni di euro tra dichiarazione infedele, omessa presentazione della dichiarazione Iva, omesso versamento di ritenute e omesso versamento di Iva; bancarotta fraudolenta, con una distrazione complessiva di quasi 100 milioni e un passivo nei confronti dell’Erario quantificato in 173 milioni di euro; riciclaggio e auto-riciclaggio per importi pari ad almeno 73 milioni 391mila 430 euro. Il sistema di frode accertato era articolato nel settore dell’edilizia, finalizzato a dissimulare somministrazioni irregolari di manodopera attraverso fittizi contratti di appalto e subappalto e alla sistematica evasione dei relativi oneri fiscali e previdenziali, mediante il meccanismo della compensazione con crediti di imposta inesistenti.
Per fare questo gli indagati avevano creato numerose società a responsabilità limitata intestate a prestanome di fatto, nella maggior parte dei casi, priva di qualsiasi operatività, pur avendo un numero consistente di lavoratori dipendenti, anche oltre duecento. Poi le somministrazioni irregolari di manodopera, dissimulate attraverso fittizi contratti di appalto e subappalto, a favore di società terze, la compensazione degli oneri fiscali (che restavano a carico delle società di comodo) con crediti di imposta inesistenti. In quest’ultimo contesto, qualsiasi azione a tutela dell’Erario esperita dagli organi competenti veniva sistematicamente vanificata dalla sottoposizione alla procedura delle società, promossa dagli organizzatori dell’associazione al momento della ricezione del primo avviso di accertamento.
Poi i trasferimenti di ingenti somme di denaro, con puntualità e cadenza scientifica: ogni settimana i soldi illecitamente accantonati e distratti con questo sistema, venivano trasferiti dalle società create ad arte da conti italiani verso altri conti esteri, in particolare della Croazia dai quali, attraverso il cosiddetto sistema degli “spalloni” (quello utilizzato dai contrabbandieri), venivano poi prelevati in contanti e reintrodotti in Italia. Proprio a riguardo già il 24 gennaio 2017 erano stati eseguiti decreti di perquisizione e sequestro nei confronti di sei indagati a seguito dei quali era stata intercettata un’automobile a Palazzolo sull’Oglio, in provincia di Brescia, che trasportava 770mila euro in contanti, nascosti nel vano motore. Si trattava del provento dell’auto-riciclaggio, da poco ritirato da una banca croata e fatto rientrare illegalmente sul territorio nazionale. Nell’occasione uno degli indagati viaggiava addirittura armato, pronto a difendere il prezioso carico con due pistole calibro 7,65, entrambe con matricole abrase.
Riccardo Carena