Anche Mortara è stata protagonista della Resistenza contro il nazifascismo. Fondamentale fu infatti il ruolo della popolazione civile della zona, che offrì aiuto e protezione ai prigionieri alleati costretti ai lavori forzati nelle cascine del territorio. La storia della Resistenza a Mortara si divide, dunque, essenzialmente in due parti: una è la storia militare, con la famosa Battaglia del Treno Blindato, e l’altra è la storia dei civili, che offrirono un grande contributo nel contrasto ai nazifascisti. “A Mortara – illustra Piero Rusconi, presidente della sezione locale Anpi – c’era il comando del campo di prigionia in cui erano detenuti gli alleati catturati durante la Seconda Guerra Mondiale in Nordafrica. Venne scelta Mortara non soltanto perché era lontana dal Sud, dove sarebbero sbarcati gli alleati, ma anche perché serviva manodopera per le campagne. I prigionieri, infatti, venivano dislocati nelle cascine e nei paesini del territorio, e tra l’altro sembra che si fosse instaurato nel corso del tempo anche un buon rapporto tra i prigionieri alleati e la popolazione locale. Dopo l’armistizio dell’8 settembre gli ufficiali e i soldati del Regio Esercito qui stazionati, che dovevano controllare i prigionieri, scapparono. A un certo punto, quando arrivò la notizia che stavano arrivando i tedeschi, i prigionieri per paura se la diedero a gambe per non cadere nelle loro mani. Una buona parte di questi, però, venne immediatamente ricatturata dai tedeschi. Un’altra buona parte, invece, venne nascosta dalla popolazione locale”. Una forma di Resistenza che a Mortara ha effettivamente rivestito un ruolo fondamentale, ma che è sempre stata poco valutata, è proprio quella condotta dai civili. Tutti pensano sempre alla lotta armata, ma nessuno ha mai valorizzato a fondo l’aiuto che la popolazione locale e civile ha dato durante la guerra. Chi nascondeva un prigioniero alleato o un partigiano rischiava addirittura la pena di morte. E se da un lato ci fu un grande contributo da parte della popolazione locale, dal punto di vista militare, invece, un interessante fatto di guerra che è avvenuto a Mortara è il bombardamento del febbraio 1945 da parte degli alleati. Mortara veniva quotidianamente bombardata perché c’era la ferrovia, che collegava la città a Genova, Novara, Milano e Torino. “Nel febbraio 1945 – continua Rusconi – una bomba cadde accidentalmente all’angolo in cui attualmente sorge l’oreficeria Baiardi, dove si erano riparati sotto un portico alcuni cittadini mortaresi. Si stimano in tutto tra le quindici e le quaranta perdite. Questo è l’unico vero atto di guerra che succede a Mortara. Per quanto riguarda gli episodi di antifascismo militante, c’è da ricordare l’assalto al carcere. Dietro al Teatro c’era un carcere fondamentale dove erano detenuti alcuni prigionieri antifascisti. Un gruppo di partigiani, nell’autunno 1944, si presentò travestito da tedeschi, si fece aprire il portone e li liberarono”. Un altro atto di Resistenza pura vide come protagonista Cesare Capettini, partigiano che venne arrestato alla stazione, dove ora si trova la sua pietra d’inciampo, e fu fucilato a Milano nel dicembre 1943. Il fratello venne arrestato a Milano e deportato a Mauthausen, da dove non tornerà più. “Ultimo ma non meno importante episodio della Resistenza mortarese – conclude il presidente Anpi – fu la cosiddetta Battaglia del Treno Blindato, che avvenne tra Mortara e Vigevano. Questo treno veniva da Genova e trasportava, oltre ad alcuni uomini, anche dei cannoni di marina. Verso marzo del 1945, a guerra ormai praticamente persa, tutte le truppe tedesche stavano confluendo su Berlino. L’obiettivo, dunque, era di portare questo treno blindato in Germania, con armi, munizioni, uomini e quant’altro. I partigiani della zona, e in particolare quelli di Vigevano, venuti a sapere dell’arrivo del treno ne ostacolarono il viaggio tra Mortara e Vigevano. Il convoglio ferroviario venne fatto saltare in aria grazie a un lanciarazzi tedesco di cui i partigiani erano entrati in possesso. Anche tra i combattenti della Resistenza ci furono in quest’occasione parecchi morti e feriti”. Al momento della resa dei conti dopo il 25 aprile, gli unici due nazifascisti che vennero uccisi senza processo, in Lomellina, furono il segretario del fascio Arturo Corsico, catturato e fucilato dai partigiani a Vigevano, e un capo della brigata nera nonché capo reparto della Marzotto. Due partigiani lo prelevarono in casa, lo invitarono ad andare in caserma e lì lo fecero fuori. Il vento era cambiato, e con la scomparsa del fascismo tornava dopo più di vent’anni la democrazia.Massimiliano Farrel