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Sabato 25 giugno alle 21 e 30, presso l’Osservatorio Astronomico Naturalistico di Casasco, l’astrofisico e divulgatore mortarese Roberto Maccagnola terrà una conferenza intitolata “La firma delle prime stelle”. Si parlerà delle quattro popolazioni stellari ad oggi conosciute, l’evoluzione dell’universo e le più recenti scoperte scientifiche. Un sabato sera diverso dal solito, dedicato non solo agli appassionati, ma anche per chi si vuole avvicinare per la prima volta al mondo dell’astronomia. “Si tratta – afferma il professor Roberto Maccagnola (nella foto) – della mia prima conferenza quest’anno all’osservatorio. Abbiamo aperto ad aprile in una nuova veste perché nell’ultimo anno, per via della pandemia, siamo riusciti a ottenere alcuni finanziamenti, con cui abbiamo rinnovato le strumentazioni vecchie e abbiamo creato delle strutture per gli astronomi e per i visitatori. Sabato, in questa conferenza, parleremo della firma delle prime stelle. In pratica, spiegherò che ad oggi si conoscono quattro popolazioni stellari. Storicamente, la prima ad essere conosciuta è la popolazione 1, che è quella di cui fa parte anche il Sole. Le stelle di popolazione 1 hanno una particolare abbondanza di elementi pesanti, che in astronomia vengono definiti metalli. I metalli in astronomia, per intenderci, sono tutti quegli elementi che non sono idrogeno ed elio”. Ma ci sono stelle più antiche del Sole, come quelle degli ammassi globulari. Queste stelle sono molto meno ricche di materiali pesanti, quindi hanno un tasso inferiore di reazioni, soprattutto le giganti blu, perché utilizzano il carbonio, l’azoto e l’ossigeno come catalizzatori. Recentemente si è capito che esisteva anche una terza popolazione stellare antecedente, ovvero le prime stelle. Queste erano composte solo da idrogeno ed elio, e non potendo utilizzare carbonio, azoto e ossigeno avevano di conseguenza un tasso di reazioni molto più elevato e dovevano lavorare a temperature molto più alte. Le prime stelle, dunque, avevano masse intorno alle 500 masse solari, erano luminosissime, e duravano pochissimi anni, “soltanto” 100.000 anni, per poi esplodere come ipernove senza lasciare traccia. “Attualmente – dichiara Roberto Maccagnola – non riusciamo a vederle perché sono molto lontane e la loro luminosità troppo debole. Neanche il telescopio spaziale James Webb riuscirà a vederle. Dovremo aspettare di fare un telescopio di almeno 30 o 40 metri nello spazio. Magari sulla Luna. Infine, dopo le stelle di popolazione 3 si è scoperto che c’è stata un’altra popolazione di mezzo, che è stata ribattezzata la popolazione 2.5. Le stelle della popolazione 2.5 erano più massicce, e avevano poco ossigeno e carbonio. Queste esplodevano come ipernove, lasciando buchi neri che poi si accrescevano di tutta la materia portando alla formazione delle galassie”.Massimiliano Farrel