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Si apre sabato 20 novembre alle 10 la personale di Giuseppe Turconi curata dal professor Castelli presso la biblioteca “Francesco Pezza”. Artista classe ’50 di Milano, vive da ormai più di trent’anni nelle terre di Lomellina, prima a Cilavegna ora a Parona. Una pittura che sa catturare il pubblico anche più indisciplinato, soddisfacendo l’occhio con la cura del dettaglio e dei volumi e la sospensione invisibile, tendente al metafisico e al surreale, che fa riflettere il fruitore. Circa trenta sono le opere in rassegna fino al quattro dicembre. “Realismo oggettivo – ci racconta l’autore – è la formula migliore che descrive il mio stile, non iperrealistico come dicono alcuni. Per quello c’è la fotografia che ha i suoi statuti e i suoi modi. Mi considero un artigiano del pennello, un operaio del colore. Però resta ben saldo il fatto che il mio modo di dipingere è un mezzo che serve a trasportare un significato di illusione, di realtà”. Al ricordo di certi quadri del Carrà e più verso Magritte, le tele sono composizioni di oggetti e animali, archetipici, che rimandano a una galassia di significati che l’autore tiene ben stretti nell’Isola che c’è. Lo sfondo, sempre bagnato d’acqua blu vivace, talvolta si presenta qualche velatura di verde, c’è anche la flora, non diventa mai pretesto di virtuosismo calligrafico-decorativo ma accompagna dolcemente i soggetti nella loro sospensione meditativa. Una mano tesa allo spettatore che può lasciarsi suggestionare dalla forma come dall’iconografia, per cui ci si può aiutare sempre col titolo che Giuseppe Turconi non dimentica mai di dare alle sue creazioni. “Un messaggio di protesta – rivela l’artista – anche contro quella malsana deriva del mercato d’arte che punta alle grandi cifre tramite la grande spettacolarità. Si guarda un’opera secondo la sua vendibilità. Quando lavoravo nel settore della pubblicità, fino al ’93, ho dovuto ragionare anche io a questo modo, ma si capisce che il contesto, pur parlando di immagini, è ben diverso. Come artista mi è capitato di non vendere opere perché poste in cornici che secondo le clienti non si abbinavano al loro salotto. Si va comunque per la propria strada, alla ricerca della propria via. Ogni giorno mi chiedo: cosa imparo oggi”? Tele che contengono il fascino dell’assurdo. Non è raro pensare di ritrovarsi in un sogno. Non però ruffiano e seducente al falso, nonostante frequentemente il nudo femminile faccia posa tra le acque della mente dell’artista. Cavalli costellano la galassia pittorica di Turconi. Barche rotte, di carta o aeroplanini di carta lasciano invece un segno di rassegnata speranza tra i pensieri dello spettatore. La coscienza frena le libertà delle immaginazioni e dei sogni ad occhi aperti. Per questo vien difficile pensare l’arte di Giuseppe Turconi come meramente metafisica o semplicemente onirica. C’è troppo vero e reale in questo velo della verità. Vittorio Orsin