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Liberi tutti. Non ci sarà nessun processo per quella che doveva essere la “maxi truffa” della centrale a biomassa BiOlevano, di Olevano. Il pesante impianto accusatorio (associazione per delinquere e truffa ai danni dello Stato), che aveva interessato 11 persone (in sei ai domiciliari, mentre per gli altri cinque c’era l’obbligo di firma) più due solamente indagati, si è sciolto come neve al sole. È quello che è emerso lunedì scorso, 26 febbraio, quando si è svolta l’udienza preliminare presso il Tribunale di Pavia. Il Gup Maria Cristina Lapi ha deciso di non rinviare nessuno a giudizio: il fatto non sussiste. Tra gli accusati c’erano, ovviamente, i vertici della società che gestisce la centrale, soci di società collegate e addirittura dipendenti della centrale e società collegate. Alcuni di loro erano accusati anche di falso (per aver redatto, secondo l’accusa, false perizie) Per loro è la fine di un incubo durato tre anni.


L’INDAGINE
L’indagine era partita nell’ottobre del 2019 e ha visto sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti la BiOlevano, società che opera nel settore delle biomasse e i suoi vertici aziendali.  A seguito delle indagini condotte dalle Fiamme Gialle pavesi, con il coordinamento del procuratore aggiunto Mario Venditti e del sostituto procuratore Paolo Mazza, la Guardia di Finanza e i Carabinieri di Pavia hanno eseguito cinquanta perquisizioni in diverse regioni del Centro-Nord. 
IL BLITZ
Una frode da 143milioni sui contributi pubblici. Il 27 gennaio 2021 si era svolto il maxi blitz: alla centrale di Olevano  erano intervenuti circa 200 militari, tra Guardia di Finanza e Carabinieri, con l’ausilio aereo. Poi le misure cautelari: 6 arresti domiciliari e 5 obblighi di firma, oltre al sequestro di svariati milioni tra conti correnti e beni immobili. Le Fiamme Gialle hanno sequestrato, come disposto dal Gip di Pavia, 69 rapporti bancari, 22 quote societarie di altrettante società del gruppo del valore di circa 19 milioni di euro, 147 fra veicoli, immobili e terreni del valore di oltre 12 milioni di euro. 
E poi, ancora, un prestigioso appartamento nel cuore di Milano, una villa di pregio con piscina vista mare a Portobello di Gallura, in provincia di Sassari, e una villa in collina a Galbiate. Sotto sequestro anche la stessa centrale elettrica di Olevano, del valore di circa 70 milioni. 


ACCORDI VERDI
Tutto nasce quando, nel 2011, per aderire al protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici e per rispettare gli impegni assunti dall’Italia a livello internazionale per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, sono stati introdotti specifici incentivi economici per l’uso di energia da fonti rinnovabili, tra cui, le biomasse legnose. La legge, però, subordina tale incentivo economico all’utilizzo di legname proveniente da un razionale e corretto sfruttamento dei boschi che assicuri di preservare il loro naturale ciclo vitale e, per tale motivo, impone rigide regole sulla provenienza e sulla tracciabilità delle biomasse bruciate.


L’ACCUSA
Secondo le indagini, per ogni milione di euro di energia venduta, la BiOlevano percepiva dal Gestore dei servizi elettrici (Gse) oltre 3 milioni di euro di contributi, ovvero, il massimo degli incentivi possibili. Questo cospicuo incentivo, come risulta dall’accordo siglato nel 2012 tra la BiOlevano e il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, era possibile solo perché la BiOlevano si era impegnata a utilizzare esclusivamente legname tracciato, certificato e proveniente da zone limitrofe all’impianto, in un raggio massimo di 70 chilometri. Cosa che, secondo l’impianto accusatorio, non avveniva: per far risultare il legname di provenienza locale e tracciato, ai vertici della BiOlevano bastava falsificare le carte, cioè, falsificare i documenti di trasporto e le fatture. L’accusa sosteneva che parte del legname “falsamente tracciato ed a chilometro zero” provenisse dalla Svizzera e come, molti degli autisti di biomassa, viaggiassero persino con due documenti di trasporto: uno vero con provenienza non incentivabile che veniva distrutto non appena il carico arrivava nei pressi dell’impianto e uno falso redatto ad hoc che veniva conservato agli atti per dimostrare agli ispettori del ministero che tutto era regolare.


LIBERI TUTTI
Il Gup ha dunque prosciolto Pietro Francesco Tali (proprietario della centrale) e la società Biomasse Olevano Srl, Bruno Covili Faggioli (presidente del consiglio di amministrazione all’epoca dei fatti), Alberto Cugliero, Giancarlo Aghemo, Simone Sguazzini, Valerio Rosso, Sabrina Diato, Sara Voglini, Federica Leone, Matteo Spinelli, Giacomo Nerim Gabriele Sguazzini e Luca Brindisi.
Il Gup Maria Cristina Lapi ha chiesto due settimane per motivare la decisione. Anche se sembra emergere il fatto che la condotta della truffa fosse ristretta al quadriennio 2015-2018, mentre le intercettazioni telefoniche sono iniziate a fine 2019 e si sono concluse nel 2021.