Lomello, un’intera famiglia si ritrova grazie alle ricerche di Giuseppe Zucca
LOMELLO - E poi dicono che leggere un libro è tempo perso. Al contrario questa volta si sono ritrovati. Altroché persi. Un’intera famiglia infatti ha potuto ricongiungersi e in alcuni casi incontrarsi per la prima volta proprio grazie a un libro. Uno in particolare: la mastodontica, minunziosa ed evidentemente anche efficacissima ricerca che Giuseppe Zucca, docente ed ex preside in pensione, oggi apprezzatissimo scrittore, ha compiuto per dare alle stampe la sua fatica letteraria dal titolo “Prigionieri di guerra in Lomellina”.
Il sottotitolo dell’opera, in particolare, è chiarificatore: tratta del campo di lavoro numero 146 e in particolare nel periodo tra l’aprile e il settembre del 1943. Tempi tumultuosi, mesi violenti, venti di fine guerra. In tanti morirono, tantissimi, ma per alcuni di loro, o almeno per la storia di alcuni di questi, la memoria non è andata perduta.
Una, in particolare, nell’opera di Giuseppe Zucca parla del trentacinquenne Giuseppe Zaltieri, arrestato nel’43 e portato in carcere a San Vittore. Da Milano poi, probabilmente nel mese di novembre, fu deportato a Bolzano, da dove spedisce una struggente lettera alla moglie, ritrovata e pubblicata da Giuseppe Zucca nel suo libro. L’amore del prigioniero Giuseppe Zaltieri per la moglie Virginia e per i loro quattro figli si percepisce forte da quelle poche righe. Così ottant’anni esatti dopo quelle parole, i tanti discendenti della famiglia Zaltieri si sono dati appuntamento a Lomello, insieme, grazie al lavoro di Giuseppe Zucca.
“La sua appassionata e amorevole ricerca storica, - raccontano i discendenti di Giuseppe Zaltieri - di persone e di luoghi, ha dato vita nei suoi libri alla memoria di persone normali. Grazie professor Giuseppe Zucca per aver raccontato queste storie, perché utilizzando le sue stesse parole «Se la Storia non la racconti, la Storia non esiste», storie di persone che per questo Paese hanno pagato con la loro vita la loro scelta di lotta per la libertà”.
La storia in questo caso, raccontata nel libro “Prigionieri di guerra in Lomellina” è quella del “trentacinquenne Giuseppe, che venne portato in carcere a Milano S. Vittore e poi, probabilmente a novembre, deportato a Bolzano da dove spedisce una lettera alla moglie: «Carissima moglie, vengo a te con queste mie due righe per dirti che la mia salute è buona come ne spero della vostra. Voglio dirti che al presente mi ritrovo in campo di concentramento a Bolzano. Virginia, cuello che ti dico io, non devi fare conto di me in merito, di avere aiuto per la famiglia perchè in campo di concentramento non si prende paga di niente e perciò non posso aiutarti, te sola devi mantenere cuato figli senza avere aiuto di nessuno. Virginia ti raccomando i miei 4 figli di tenerli sempre vicino a te e ramentaci sempre il suo babbo che sempre li rimpiango giorno e notte. Speriamo che tutto finisca presto cuesta guerra e che i Dio ci dia la salute di poterci rivedere e abbracciarsi. Salutami tanto Teresa e famiglia, salutami tutti cuelli che domandano di mé. Ciao baci infiniti ai miei bambini mi firmo tuo marito Giuseppe. Vi racomando miei bambini di ascoltare la mamma».
E così fecero, visto che la famiglia Zaltieri oggi esiste ancora ed è numerosissima. La riunione a Lomello grazie al lavoro di ricerca di Giuseppe Zucca, con una ventina di discendenti ritrovatisi grazie alle sue parole, dimostra che ricordare e soprattutto continuare a ricercare le storie di persone comuni, anche se lontane nel tempo, possono aver un effetto e un impeto anche oggi, nel presente delle persone.
Perché anche se Giuseppe Zaltieri non è più presente, ha dato comunque la sua impronta all’esistenza di queste persone in carne ed ossa anche oggi, da così lontano.
Riccardo Carena