Sgominata la rete di spaccio internazionale: “esportavano” ossicodone negli Stati Uniti
PAVIA – Otto persone accusate di esportazione illegale verso gli Stati Uniti del farmaco ossicodone, sei delle quali si trovano già in carcere. Le indagini del Nucleo investigativo dei carabinieri di Pavia e del Nucleo carabinieri antisofisticazioni e sanità di Cremona sono state coordinate dalla Procura della Repubblica di Pavia col sostituto procuratore Roberto Valli.
L’attività investigativa, iniziata a maggio 2022, ha portato ad individuare otto soggetti, che sarebbero ritenuti responsabili di aver creato un’articolata rete di spaccio internazionale con gli Stati Uniti di ossicodone, appartenente alla famiglia degli oppioidi. Un farmaco usato per la gestione del dolore, diffuso sul mercato statunitense negli anni Novanta. In quel periodo una nota azienda farmaceutica americana cominciò a vendere l’ossicodone, commercializzato come OxyContin, sostenendo che potesse essere usato per trattare i dolori cronici senza problemi di dipendenza.
Tuttavia, l’ossicodone ha ingenerato una escalation di dipendenza che flagella l’America da almeno tre decenni, tanto da essere stato ritirato dal mercato americano.
Tra l’aprile del 2020 e del 2021 il National center for health statistics ha registrato un nuovo boom: nel giro di un anno gli americani morti per overdose sono stati oltre 100mila.
Una cifra a dir poco impressionane che supera di gran lunga la somma delle persone che hanno perso la vita in un incidente stradale e per arma da fuoco. I soggetti coinvolti, da quanto emerso dall’accurata attività d’indagine condotta dai carabinieri, trafugavano ricettari e timbri medici da diversi ospedali (Bergamo, Lodi, Milano, Voghera, nonché dal policlinico San Matteo di Pavia), per poi falsificare le prescrizioni mediche (le “ricette rosse”), presentandosi presso oltre 55 farmacie lombarde e richiedere il farmaco OxyContin, contenente appunto il principio attivo dell’ossicodone. I carabinieri hanno analizzato circa 10 mila prescrizioni mediche accertando che oltre 500 di esse erano state oggetto di falsificazione da parte dei malviventi. I farmacisti, quando volevano accertarsi riguardo quantità o tipologia di farmaco richiesta, in Italia poco usato se non per severe terapie del dolore, provvedevano a telefonare al numero del medico indicato in ricetta, ricevendo prontamente conferme da parte di un complice, che non era in realtà il medico curante.
Una volta accumulata una considerevole quantità di questo medicinale, all’incirca mille pastiglie, i malviventi provvedevano ad inviare un pacco, utilizzando normalmente i servizi offerti dai corrieri, verso gli Stati Uniti, prevalentemente nella zona di Boston.
Sono state monitorate ventuno spedizioni nel corso delle indagini. Le pastiglie, intercettate da complici nel luogo di destinazione, venivano poi smerciate al dettaglio sul mercato americano. Se si considera che in Italia veniva ottenuto gratuitamente in farmacia, grazie alle false ricette presentate, per poi essere rivenduto al dettaglio come stupefacente, si comprende quanto alto fosse il guadagno. Infatti, ogni pastiglia da 80 milligrammi veniva venduta a un prezzo che va dagli 80 ai 100 dollari per compensi per migliaia di dollari. È stata accertata la spedizione di oltre 20 mila pastiglie da 80 o 100 milligrammi ciascuna negli Stati Uniti, per ricavati dell’attività di spaccio che superano 1.600.000 dollari ed un danno erariale, accertato, per lo Stato Italiano di oltre 65 mila euro. I carabinieri del Nas di Cremona e del Nucleo investigativo di Pavia, grazie ad attività tecniche e servizi di osservazione e controllo si rendevano conto del modus operandi del sodalizio. Poi grazie all’incontro con gli americani dell’Hsi (Homeland security investigations), avvenuto prima a Milano e poi a Pavia col supporto della Dcsa (Direzione Centrale Servizi Antidroga del Ministero dell’Interno), alla presenza dei carabinieri operanti e dell’autorità giudiziaria, si è potuto avere riscontro e conferma dell’attività criminosa che, peraltro, ha permesso anche ai colleghi statunitensi di agire nei confronti dei soggetti sul loro territorio.
L’attività, che non ha precedenti in Italia, ha quindi permesso di interrompere l’attività criminale. Gli investigatori ritengono sia altamente probabile che la presente indagine rappresenti solo l’inizio e che possano rivelarsi ben presto ulteriori sviluppi con gruppi criminali in altre zone d’Italia.
L’operazione si è conclusa con l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di otto soggetti, di cui tre italiani, due sudamericani ed un nordafricano, residenti nelle provincie di Pavia e Rimini.
Tuttavia, non è stato possibile eseguire due delle otto misure a causa dell’irreperibilità di due dei soggetti coinvolti. Le ricerche sono ancora in corso.
All’operazione hanno preso parte circa quaranta carabinieri del Comando provinciale di Pavia e del Nucleo antisofisticazioni e sanità di Cremona, con l’ausilio anche dei carabinieri di Rimini.